Dal 15 al 22 novembre presso il Teatro Studio Eleonora Duse, in scena Un sogno nella notte di Mezzestate.
Direttamente dall’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, la commedia più nota di William Shakespeare si trasforma in un saggio di diploma che conclude e celebra il percorso dell’allievo regista Tommaso Capodanno.
Una scelta ardua, di quelle che solo i giovani coraggiosi e curiosi sono in grado di fare.
Un testo più volte rivisitato malgrado la complessità, la cui messa in scena, in questo caso più di altre, sembra non tenti stravolgere del tutto l’opera shakespeariana.
Ciò che piuttosto si evince è il desiderio profondo di comprendere ed interiorizzare un capolavoro per poi ridarlo al mondo con la freschezza e la libertà innovativa che solo un giovanissimo appassionato può possedere.
I giovani: gli attori che muovono la scena
Un sogno nella notte di Mezzestate è uno spettacolo in cui la scena non esiste e, allo stesso tempo, è piena.
Giochi di luci psichedeliche illuminano l’ambiente fatto di fisicità e movimento costante.
Le fate conquistano il loro posto. Il bosco incantato si anima e danza spasmodicamente come in un rave rivelando i segreti degli amanti, vittime della notte che intreccia le loro esistenze.
Fatti e misfatti si incastrano così come i ruoli che si sdoppiano e mutano secondo leggi misteriose e giochi di potere.
14 giovanissimi interpreti impongono la loro figura sul palco fungendo tutti da protagonisti: Matteo Berardinelli, Maria Chiara Bisceglia, Nicoletta Cefaly, Simone Chiacchiararelli, Carolina Ellero, Marco Fasciana.
Ed ancora Lorenzo Guadalupi, Domenico Luca, Marco Valerio Montesano, Tommaso Paolucci, Francesco Vittorio Pellegrino, Francesco Pietrella, Rebecca Sisti, Aron Tewelde.
Sono loro i tasselli imperdibili di un’opera che si fa largo nella modernità e rompe i silenzi, i tabù.
Dal testo originale alla traduzione: la rima, chiave di ironia
La traduzione innovativa del testo di William Shakespeare, ad opera di Tomasso Capodanno e Matilde D’Accardi, resta comunque fedele al contenuto e all’ironia che in rima riecheggia ed ammalia i sensi.
Un mondo magico in cui la linea di confine tra l’ orfico e la realtà appare sottile e all’interno del quale la vera lotta è quella contro le leggi che lo governano.
Definito Inno alla femminilità, questo spettacolo è frutto di un’ urgenza espressiva in cui la sessualità diventa, nel sogno e nella realtà, il motore indiscusso.
La rigidità di Teseo assume i tratti femminili di Titania durante la notte.
Ippolita e la sua sottomessa figura, al contempo, vestiranno i panni del grande e potente Oberon.
Il folletto Puck acuisce la sua simpatica presenza fatta di due persone in una e due voci sovrapposte che in maniera insolente e diretta giungono al pubblico come una eco potente, portatrice di messaggi.
Un’ inno al doppio che è in ognuno di noi, alla forza che viene dalla debolezza e alla stessa fragilità che, seppur sostantivo femminile, appartiene a ciascun essere umano in maniera indistinta.
Il giovane regista tende evidentemente all’ esaltazione di questa follia, della poesia e di un’ immaqginazione che consente all’uomo di viaggiare pur stando fermo.
Uno spettacolo di lotte interiori ed esteriori che indossa maschere dai colori caldi e poco più.
Nulla qui è lasciato al caso: amanti, fate, spiritelli, fiori incantati, uomini che governano le leggi del giorno e della notte, simpatici e scanzonati artigiani sull’orlo di una crisi di nervi durante le prove di uno spettacolo teatrale.
La continuità che genera conoscenza e passione
Nulla distorce le volontà del più grande drammaturgo inglese, eppure, ciò che cambia sono i tempi. Ciò che cambia è lo sguardo dello spettatore che nel 2018, è in grado di vedere con nuova luce un pezzo di storia teatrale e trarne nuovi significati.
Un sogno nella notte di Mezzestate è la ricerca, il desiderio di scoperta ancor vivo in quei giovani che in molti definiscono, ingiustamente, smarriti.
È la volontà di essere teatro vero e di comprendere come la sperimentazione sia la strada migliore per crescere, per vivere.
È la voglia di appropriarsi della meraviglia nascosta in un testo con quella leggerezza che non è sinonimo di superficialità ma di passione libera.
È, in fin dei conti, il sogno più bello che Shakespeare potesse fare perché la continuità genera conoscenza e la conoscenza, si sa, cambia il mondo.
Maria Grazia Berretta