L’esecutore testamentario di Pirandello? Gabriele Lavia

Gabriele Lavia- i giganti della montagna
Ph Tommaso Le Pera

I giganti della montagna, testo di Pirandello diretto da Gabriele Lavia, sarà in scena al teatro Eliseo fino al 31 marzo.

Se si leggono alcuni dei capolavori teatrali dell’opera pirandelliana, è difficile immaginarseli sulla scena. Non perché manchino di credibilità, ma perché sono testi verbosi. Si parla molto nel teatro di Pirandello. Un vero e proprio teatro di parola. Anche nelle opere di Shakespeare si parla molto, ma non si parla di certo così. Ciò che l’autore siciliano scrive non è semplicemente lo sviluppo di una storia, ma un flusso di pensieri filosofici. Di conseguenza, recitare e guardare un testo pirandelliano non è affatto semplice. Lo sa bene Gabriele Lavia che così commenta la scrittura dell’autore:

Ho sempre pensato che i “ragionamenti” così “appassionati” e “freddi” dei personaggi pirandelliani non fossero che delirio, fuoco. Il suo razionale, costante, lucido rovello fosse calor bianco e la sua dialettica, lucida e distaccata, fosse proprio il ronzio di una “mosca impazzita dentro una bottiglia”

Lavia ha portato sulla scena una sua personale trilogia delle opere di Pirandello. Prima Sei personaggi in cerca d’autore, poi L’uomo dal fiore in bocca… e non solo e ora si confronta con I giganti della montagna. Il testamento letterario dello scrittore. In esso ritroviamo tutti i temi che identificano la sua poetica e il suo teatro: l’umorismo, la contrapposizione tra “vita” e “forma”, il rapporto tra verità e finzione. A tutto questo si unisce l’atmosfera surreale, quasi favolistica, cara a Pirandello negli ultimi anni della sua produzione, nonché una riflessione sul ruolo dell’arte.

Gabriele Lavia
Foto di scena: Tommaso Le Pera

La storia si svolge tutta nella villa La Scalogna, un posto in cui la realtà sembra essere sospesa.

Il mago Cotrone (interpretato proprio da Gabriele Lavia) e altre persone stravaganti sono gli abitanti di questa villa. Un giorno ricevano la visita di una compagnia di attori che da anni ripete sempre lo stesso spettacolo, La favola del figlio cambiato (realmente scritta da Pirandello). L’attrice principale della compagnia, Ilse, è particolarmente legata a questo testo perché scritto da un drammaturgo di lei innamorato, morto da tempo. Nonostante il mago Cotrone la inviti a far vivere l’opera solo nella villa perché solo lì essa potrà avere realmente vita e non essere incastrata in nessuna forma, Ilse insiste per proporre la performance ai giganti della montagna. Non vuole che l’opera, scritta appositamente per lei, sia confinata in un luogo sconosciuto ma, al contrario, vorrebbe che il maggior numero di persone possibile la vedesse e la ammirasse. Sarà possibile?

La storia è sospesa tra concreto e astratto, tra realtà, mondo delle favole e sogno. Così anche la messa in scena decisa da Lavia.

I giochi di luce, la scenografia, i movimenti dei fantocci nel secondo atto sono tutti elementi determinanti per restituire allo spettatore quel clima magico, indeterminato e sospeso creato da Pirandello nelle sue opere. Quel mondo è quello in cui regna il flusso vitale vero e non la forma imposta dalla società. Il teatro è lo spazio in cui finzione e verità si mescolano, vivono insieme per restituire ad attori e spettatori maschere e volti delle storie, della realtà.

Un teatro che si estende oltre il palcoscenico. Gli spettacoli di Pirandello sono famosi per la rottura della quarta parete. Anche nello spettacolo di Gabriele Lavia gli attori entrano in scena dalla platea, si mescolano al pubblico, dicono alcune battute da sotto il palco. Non è di certo un espediente nuovo o poco usato nel teatro contemporaneo, ma non può mancare nell’opera scritta da uno dei primi a pensare di portare l’attore in platea, anche se ormai questo autore non c’è più.

La recitazione degli attori è perfetta.

Nelle scene iniziali, con il clamore creato dalla presenza di tutto il cast sul palcoscenico, è difficile riuscire a cogliere tutte le battute. Ma questo è davvero nulla. Gabriele Lavia riesce a dare naturalezza e profondità a tutti i monologhi del suo personaggio. Federica Di Martino è molto intensa nei panni di Ilse. Veramente molto bravi anche i fantocci che interpretano La favola del figlio cambiato. Si muovono all’unisono, come un unico corpo e sono fondamentali per ricreare il atmosfera onirica della rappresentazione.

Imponente e suggestiva la scenografia. La villa è rappresentata come un teatro semi-distrutto.

Simbolo del teatro in declino, poco capito e accettato dalla società, non manca però di regalare sorprese e bellezze. Si anima di luci colorate e di personaggi animati. È il luogo ideale per far sì che la vita scorra in maniera spontanea e istintiva.

I giganti della montagna di Lavia è un flusso vitale che colpisce lo spettatore.

Si entra dentro il testo di Pirandello, si riconosce lo stile e il modo di pensare dell’autore e si viene continuamente stimolati dalle sue riflessioni. Si percepisce la vita, le sue emozioni, la sua intensità proprio nel momento in cui se ne ricerca il profondo significato. Si sente il valore dell’arte, della cultura, la sua importanza, la sua verità. Non è uno spettacolo semplice da guardare, ma è un’esperienza coinvolgente che non può lasciare indifferenti.

Un po’ come la vita stessa.

Federica Crisci

La stagione del centenario. Il teatro Eliseo festeggia i suoi primi 100 anni

Sono laureata Lettere Moderne perché amo la letteratura e la sua capacità di parlare all'essere umano. Sono una docente di scuole superiori e una SEO Copy Writer. Amo raccontare storie e per questo mi piace cimentarmi nella scrittura. Frequento corsi di teatro perché mi piace esplorare le emozioni e provare a comprendere nuovi punti di vista. Mi piace molto il cinema, le serie tv, mangiare in buona compagnia e tante altre cose. Passerei volentieri la vita viaggiando in compagnia di un terranova.

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