Il Rigoletto di Giuseppe Verdi messo in scena da Damiano Michieletto al Circo Massimo con i complessi del Teatro dell’Opera di Roma ci pone davanti ad una seria considerazione: tali spettacoli sono provocazioni fini a sé stesse o spettacoli veri e propri?
Rigoletto è un’opera difficile, si sa. È un’opera violenta, mordace. Un padre possessivo, un buffone di corte, Rigoletto, che tiene chiusa in casa sua la figlia Gilda, per vendicare l’offesa subita da lei (e anche da lui) dal Duca di Mantova, personaggio libertino per il quale lui lavora che ha sedotto sua figlia, commissiona ad un sicario, Sparafucile, che lavora attraendo le vittime grazie alle virtù della bella sorella Maddalena, una prostituta, l’omicidio del duca. Gilda, per amore, decide di farsi ammazzare al posto del suo amato.
Un’opera dove si parla di omicidi e di prostitute; un’opera che sconvolse l’opinione pubblica in quel lontano 11 marzo 1851 quando venne data in scena per la prima volta al Teatro la Fenice di Venezia. La musica di Giuseppe Verdi è ricca di pathos ma anche aspra, tagliente e violenta. Metterla in scena è sempre difficile.
Damiano Michieletto ed il Rigoletto nei bassifondi della periferia romana
Il Teatro dell’Opera di Roma, per l’apertura della stagione estiva che eccezionalmente si svolge al Circo Massimo e non alle Terme di Caracalla per i necessari distanziamenti dovuti alle norme contrastanti la diffusione del COVID-19, ha deciso di giocarsi una carta difficile e di affidare la regia a Damiano Michieletto, il cui nome fa riecheggiare il famoso “épater les bourgeois” cioè “sconvolgere la borghesia“.
Nella messiscena curata dal regista veneziano non abbiamo avuta nessuna traccia del Ducato di Mantova del XVI secolo ma eravamo a Roma, all’epoca della Banda della Magliana. La scenografia curata da Paolo Fantin prevedeva elementi come macchine sportive, una giostra a seggiolini e tanti fiori, simbolo della morte, elemento fondamentale di quest’opera; dietro di loro un grosso schermo che riproduceva, tra le altre cose, video girati in diretta sul palco da cameraman diretti da Filippo Rossi. Si trattava di video creati per far vedere lo spettacolo anche a chi, essendo seduto parecchio lontano per il distanziamento, non riusciva a vedere bene.
Una Roma violenta, aspra, con le luci forti di Alessandro Carletti ed i costumi di Carla Teti che rimandavano ad anni ricchi di eventi e ricordi negativi. Il Duca di Mantova non era più un duca ma un criminale con al seguito una banda di esaltati, della quale facevano parte tutti i “cortigiani” ed il gobbo e deforme Rigoletto.
Provocazione o spettacolo
Molti melomani si stanno ancora infervorando sui social per quella che sarebbe stata l’ennesima “mancanza di rispetto” a Giuseppe Verdi; una provocazione fine a sé stessa. Ma urge sempre chiedersi se lo spettacolo deve essere un assoluto rispetto delle volontà dell’autore o vi deve essere anche la fantasia del regista? Io credo che ci debbano essere entrambe le cose, ma soprattutto ci deve essere lo spettacolo.
Damiano Michieletto ha curato uno spettacolo che è stato visionario ma assolutamente aderente al testo. Il suo Rigoletto era fatto di poesia (straordinari i video prodotti dalla Indigo Film dove si racconta l’infanzia di Gilda e la storia della famiglia di Rigoletto) ma anche di violenza. Rigoletto è un padre che tiene segregata la propria figlia, che non le dice niente sulla madre e sulla famiglia. La violenza ed il controllo sull’altra persona sono aspetti perversi dell’essere umano ed elementi dominanti in quest’opera che Michieletto ha messo estremamente in luce. Violenza e terrore che tornano nei momenti in cui i video immortalavano la morte di Gilda, veri e propri flash di una forza brutale che colpivano la mente di Rigoletto.
Gilda, una donna in bilico
L’idea centrale di Damiano Michieletto era quella di focalizzare l’attenzione su Gilda. Nella sua concezione non era semplicemente una ragazza un po’ ingenua che si fa uccidere per un uomo che non la ama. Gilda scappava dalla baracca del padre, uomo storpio e gobbo come voluto da Verdi e possessivo, per andare in discoteca dove conosce il duca. Ella però allo stesso tempo aveva rispetto del padre; una ragazza in bilico tra il suo essere donna ed essere figlia.
Onestà vuole che io dica che non tutto è stato perfetto; la scena del I atto con la cacciata del Conte di Morterone, che accusa il Duca di Mantova di aver disonorato la figlia e che maledirà Rigoletto dopo che il buffone lo ha deriso, culminata con un colpo di pistola ravvicinato che non va a segno, per vederlo poi ferito ma vivo nel II atto, non è stata una scelta felice. Gli stessi video riproducenti lo spettacolo non erano spesso in sincrono con le voci.
Lo spettacolo era però vivo e funzionava.
Una musica plumbea
Una musica plumbea ma anche ricca di emozioni; effetti sottolineati dalla direzione di Daniele Gatti che, a capo dei meravigliosi complessi dell’Orchestra e del Coro del Teatro dell’Opera di Roma, ha scelto di eseguire l’opera nell’edizione critica della Chicago University Press, un studio filologico accurato della partitura di Giuseppe Verdi.
La direzione di Gatti ha sottolineato i contrasti molto evidenti in questo capolavoro. Tra i momenti più alti della sua concertazione vi sono stati il finale dell’opera, dalla forza sconvolgente, ed il duetto tra Rigoletto e Sparafucile, tutto eseguito in pianissimo.
Ho avuto le stesse identiche emozioni che lo stesso Daniele Gatti mi ha provocato quando già due anni fa eseguì sempre il Rigoletto al Teatro dell’Opera di Roma come titolo inaugurale della Stagione 2018/2019.
Rigoletto all’Opera di Roma: solitudine, dramma e segretezza
Nel cast ha primeggiato Rosa Feola, che ha delineato con una voce cristallina una Gilda credibile e di grande partecipazione drammatica. La stessa caratteristica l’abbiamo trovata in Roberto Frontali come Rigoletto, il quale però ha presentato dei problemi d’intonazione in acuto ed in alcune mezzevoci.
Iván Ayón Rivas è stato un Duca di Mantova spavaldo nel fisico e nell’interpretazione; la voce, essendo il tenore ventisettenne, deve solo maturare di più. Di assoluto rispetto tutto il resto del cast; assolute punte di diamante sono stati Riccardo Zanellato come Sparafucile e Martina Belli come Maddalena, physique du rôle perfetto e bellissima voce. Tutti grandi attori davanti alle telecamere che ne hanno messo in luce le capacità interpretative.
Mi sento allora di dire una cosa: non fate mai delle vostre idee una regola certa, che la verità la sa solo l’autore. L’arte è un fenomeno inspiegabile a mio avviso!
Marco Rossi
@marco_rossi88
(La recensione si riferisce alla serata della prima del 16 luglio 2020)
(Foto di Kimberley Ross)