Un’opera dall’importanza fondamentale per Giuseppe Verdi, ossia il Rigoletto, ha aperto la nuova stagione del Teatro dell’Opera di Roma con la direzione di Daniele Gatti e la regia di Daniele Abbado
Rigoletto è un’opera fondamentale nella drammaturgia di Giuseppe Verdi. Basata sul dramma di Victor Hugo Le Roi s’amuse, a sua volta ispirato alla vicenda di Triboulet, paggio alla corte di Francesco I di Francia, l’opera su libretto di Francesco Maria Piave andò in scena per la prima volta l’11 marzo 1851 al Teatro la Fenice di Venezia.
Un’opera complessa, soprattutto dal punto di vista del linguaggio estetico-musicale adottato da Giuseppe Verdi. In quel periodo della sua carriera Giuseppe Verdi sta abbandonando la cosiddetta forma chiusa per abbandonarsi a pagine musicali di più ampio respiro, e Rigoletto è l’opera che, a mio modesto avviso, rimarca di più quest’espediente. In essa poi troviamo una figura fondamentale della poetica verdiana: il padre.
Un’opera mitica, con la quale il Teatro dell’Opera di Roma ha deciso di aprire la Stagione 2018/2019 con una nuova produzione in scena dal 2 dicembre al 18 dicembre 2018 con la direzione musicale di Daniele Gatti e la regia di Daniele Abbado.
Una trama torva
L’opera si svolge, per motivi di censura ottocentesca, alla Corte del Duca di Mantova. Nonostante egli sia sposato, è un libertino, ama le donne. Alla sua corte lavora come buffone Rigoletto, un uomo dall’aspetto deforme, con la gobba, che colpisce con battute irriverenti tutta la corte. Rigoletto viene maledetto dal Conte di Monterone, in quanto aveva offeso con le sue battute sua figlia disonorata dal conte. Rigoletto è turbato da queste parole. Egli ha un segreto, una bellissima figlia, Gilda, che custodisce gelosamente. Non ama il suo lavoro, non ama il suo padrone, ma è costretto a soggiacere. Gilda s’innamora del duca, presentatosi a lei in incognito come uno studente povero dal nome Gualtier Maldè. I cortigiani del duca, per vendicarsi delle offese subite da Rigoletto, rapiscono Gilda, credendo che ella sia l’amante di Rigoletto, e la portano a Palazzo Ducale. Il Duca ne approfitta per approcciarsi con Gilda.
Appena scoperta la vicenda, Rigoletto trama la sua vendetta. Chiamerà un sicario dal nome Sparafucile per uccidere il Duca per avere offeso sua figlia. Sparafucile uccide per denaro con la collaborazione della bella sorella Maddalena, la quale ha il compito di attirare le vittime in trappola. Il Duca segue Maddalena per avere l’occasione di un’ulteriore approccio. Maddalena s’innamora di lui e convince il fratello ad uccidere e nascondere nel sacco il primo passante per ingannare Rigoletto. Gilda, che ha ascoltato tutto il colloquio, decide di sacrificarsi per il suo amore. Sparafucile la ferisce e consegna il sacco con il corpo di Gilda a Rigoletto. La disperazione del padre si presenta quando scopre che davanti a lui vi è proprio sua figlia. La ragazza morirà tra le sue braccia. La maledizione si è avverata.
Una musica tetra
La musica di Giuseppe Verdi è spettrale e ricca di accordi sinistri. La maledizione (il titolo originario dell’opera doveva essere questo) è incombente, dall’incipit con gli ottoni fino agli accordi finali dell’opera.
Uno spettacolo interessante
La sera della prima di questa nuova edizione il protagonista assoluto è stato Daniele Gatti (da oggi nuovo direttore musicale del teatro). Il suo lavoro, basato sull’edizione critica della Chicago University Press, ha sottolineato il crescendo drammaturgico verdiano in maniera veramente emozionante, aiutato dall’Orchestra e dal Coro del Teatro dell’Opera di Roma in forma raggiante. Non c’erano i famosi acuti di tradizione (a parte il la bemolle nel finale di Si, vendetta, tremenda vendetta, lasciato in quanto, come ha detto il maestro, “aumenta una frase forte, difende l’onore“), ma vi era il senso drammatico imposto da Giuseppe Verdi.
Roberto Frontali è stato un Rigoletto commovente, dai mille colori, scenicamente credibile, ma con acuti periclitanti (il la bemolle sopra citato non è riuscito bene). La soprano americana Lisette Oropesa è stata una Gilda dolce, innamorata ma decisa (giusto la cadenza del Caro Nome non è stata perfettissima, ma era una macchiolina su di una tovaglia bianca).
Il tenore spagnolo Ismael Jordi è stato un Duca dalla voce delicata e graziosa. La coppia omicida vedeva Riccardo Zanellato come ottimo Sparafucile (anche se non perfettamente a fuoco nel primo duetto con Rigoletto, forse a causa dei fumi imposti dalla regia) e Alisa Kolosova una Maddalena di temperamento.
Un dramma fosco
La regia di Daniele Abbado, contestata in maniera veemente dal pubblico, ha trasposto l’opera negli anni ’40 del secolo scorso, in piena epoca fascista. Si tratta di un periodo storico controverso dove la sopraffazione è sempre stata presente. Il lavoro interessante del maestro Abbado ha sottolineato il senso del segreto presente in quest’opera. Riprendendo le sue parole “segreto è il nome del padre e della madre per Gilda“. Verdi sottolinea la falsità dell’uomo, in quanto “Gualtier Maldè è un nome falso“. Il Duca si maschera per attirare Gilda. Il lavoro del regista ha rimarcato molto il fatto che si tratta di un’opera dove la verità non è mai sovrana. Daniele Abbado ha sottolineato molto il doppio aspetto di Rigoletto uomo (fiero e possente anche nel fisico) e Rigoletto buffone (deforme e piegato).
Ad essere onesti, l’ultimo atto non prevedeva una separazione tra l’esterno della casa di Sparafucile ed il suo interno, e quindi alcuni personaggi, soprattutto Gilda, si ritrovavano a passare a pochi passi dal Duca quando dovrebbero essere lontani (Gilda scopre in segreto dall’esterno, spinta dal padre, di essere stata tradita dal duca ed egli non se ne accorge). Gilda non tiene conto della porta esistente, invadendo lo spazio del duca, quindi l’interno della casa, ma poi la porta verrà usata quando entrerà per essere uccisa. Due errori che però non hanno rovinato un bello spettacolo.
L’oscurità interiore
È un’opera che sottolinea il dramma esistenziale. Le scenografie e le luci volutamente soffuse curate da Gianni Carluccio mettevano in luce quest’aspetto torvo con fumi, impalcature moventi che si trasformavano nel Palazzo Ducale, nella casa di Rigoletto e nella bettola di Sparafucile. Ugualmente appropriati erano i costumi di Francesca Livia Sartori ed Elisabetta Antico.
Di grande effetto la morte di Gilda, fatta andando avanti in proscenio con un solo fascio di luce, e Rigoletto che veniva trasformato in buffone durante il preludio orchestrale.
La tragedia aveva ed ha inizio, perché il Rigoletto è un’opera che parla dello ieri, dell’oggi e del domani, in quanto l’uomo è sopraffazione.
Marco Rossi
(Foto di Yasuko Kageyama/TOR– Pagina Facebook Teatro dell’Opera di Roma)