Il nero è un colore con luminosità nulla, eppure ci garantisce massima visibilità!
Nell’Antico Egitto, il nero era attinente al Caos originario da cui tutto deriva. Era un colore simbolo dell’Aldilà come luogo di rigenerazione in cui, mancando la luce, tutte le cose erano indistinte e presenti solo in potenza. Nel medioevo, era il colore del demonio, che veniva rappresentato con sembianze umane ma dalla pelle nerissima.
Come si otteneva il nero?
Non pensiamo ad oggi, dove tingere un capo è un’azione elementare e cheap, che possiamo fare anche a casa in lavatrice. Nell’antichità (e ancora oggi in alcuni paesi) la tintura era un’attività lunga e laboriosa, un mix tra chimica, botanica, artigianalità. Ma, sopratutto, era il colore più costoso da ottenere. Il nero scuro effetto inchiostro era infatti frutto di un procedimento di estrazione lungo e dispendioso. venivano utilizzate le galle, escrescenze anomale presenti sulle piante, piene di uova di insetti. Per altri neri un po’ più sbiaditi si potevano usare i malli delle noci e le cortecce di alcuni alberi. A livello culturale, dal medioevo in poi il nero richiama più o meno inconsciamente un oggetto per pochi, sofisticato e quasi unico. Non c’è da stupirsi quindi che questo tipo di giudizio sul nero sia ancora ben ancorato nella coscienza collettiva.
Il nero è dei ricchi o dei poveri?
Sembra una domanda inutile, visto quanto abbiamo detto prima. Il fatto è che la moda subisce e recepisce in modo ciclico e ondivago i diktat della società che la circonda e che a sua volta plasma. Carlo Magno pensa bene di eleggere il nero come colore dei contadini, un nero stinto, striato, sciatto. Non tanto per far loro un dispetto economico, ma per marchiarli con un colore associato all’oscurità e quindi anche alla paura e alla sottomissione. Temi questi ultimi, cari anche al Cattolicesimo, che si attiva nel XII secolo per rimettere in gioco il ruolo di un colore, veicolo di moltissimi messaggi potenti. Se i cistercensi vestivano in candidi abiti bianchi a simboleggiare la purezza di Dio, i benedettini iniziano ad avvicinare il concetto di umiltà, povertà e ubbidienza proprio al nero. Inizia una diatriba, vinta -simbolicamente- dai benedettini. Il nero diventa quindi un colore importante, inizia ad orlare gli abiti dei ricchi nobili del rinascimento, nascono i Cavalieri Neri e i papi lo scelgono in Quaresima, dandogli l’ennesimo significato del lutto e della penitenza.
L’ascesa del nero
Nel 1400, con le esplorazioni e il commercio, arrivano nuovi tessuti in Europa. Nel frattempo le leggi suntuarie, che cercavano di mettere un freno allo sfarzo e all’opulenza, limitavano l’uso di colori come il porpora il blu. Il nero viene quindi visto come un’alternativa per aggirare questi divieti che per secoli tentarono di imbrigliare la moda, senza successo. Quindi magistrati, notai, dottori, da Venezia a Napoli iniziarono a utilizzare il nero come colore scuro -e quindi elegante- senza incorrere in sanzioni. Da qui in poi sarà praticamente impossibile debellare dalla società il colore nero, che rimarrà ancorato alla doppia semantica dell’eleganza e del lutto.
Il nero nell’età moderna
Senza scomodare i massimi sistemi, il nero passa attraverso secoli in cui viene escluso -insieme al bianco- dallo spettro cromatico grazie a Newton. Inoltre, nei secoli delle esplorazioni in Africa e dello schiavismo, il nero è associato a tematiche esotiche e di sfruttamento. Fino al 1800, quando le città si riempiono di fabbriche, fumi, scavi minerari, carbone. Il volto dell’operaio è sia pallido che nero, quello dei ricchi deve essere luminoso e colorito (quindi prendono il sole dopo secoli di ombrellino). Il nero non scompare mai definitivamente dal radar della moda, fino ad arrivare al ‘900.
Little black dress, un’icona destinata a durare
Negli anni 20, durante la guerra, gli uomini erano al fronte. le donne rimaste portavano avanti la società, lavorando in ambiti fino a quel momento impensabili. Postine, operaie, impiegate hanno bisogno di abiti senza stecche, senza lacci, senza costrizioni che impossibilitano i movimenti. Coco Chanel intercetta questa spinta evolutiva del vestiario e regala alle sue contemporanee (e all’umanità) degli abiti finalmente comodi. Ed economici. Per quanto può farci sorridere pensare a Chanel come un’alternativa economica, all’inizio della sua carriera utilizzava materiali meno costosi dei grandi couturier e più adatti a linee morbide. A lei dobbiamo l’invenzione del little black dress, riproposto a tutte le latitudini e in tutte le salse, un semplice tubino nero che ha il vantaggio di essere perfetto dall’alba al dopo cena, dalla colazione di lavoro al party in discoteca. Dove lo trovate un altro capo d’abbigliamento così versatile e perfetto in ogni ruolo? In più, ovviamente, è nero. Serio e affidabile, ma anche sensuale e misterioso, romantico ma rigoroso. La perfezione. Non a caso, se lo mette anche Audrey Hepburn nel suo film più iconico.
Il nero oggi
Il nero ormai non ha più un ruolo primario, né nel mondo dell’eleganza né nel mondo religioso. La moda minimalista lo ha riportato a galla- insieme al bianco- ma ad oggi è uno dei tanti colori a disposizione dell’uomo e della donna. Anche espressioni come libro nero, uomo nero, lista nera sono un po’ cadute in disuso. Nonostante sia rimasto il colore di alcuni gruppi violenti o di cultura street, non ha più il ruolo che aveva prima. Ma non fa niente, perché come una fenice che non muore mai, il nero è paziente ed aspetta di secolo in secolo il suo turno per tornare a splendere.
Micaela Paciotti
Foto: Le Marins by Charoltte Whales for Jean Paul Gaultier. Fashion Film Festival 2022.