Durante e dopo la crisi, molti brand si sono impegnati per reinventare il futuro della moda: sarà social, sostenibile, con corsi in digitale e fashion challenge.
La moda sembrava morta, ma si sa, sotto la cenere covano sempre le scintille del rinnovamento. Le grandi catene di retail hanno i grafici in picchiata, moltissimi dipendenti rischiano il posto, il negozio fisico non ha più l’appeal di una volta.
Le sfilate, centro nevralgico del fashion business, hanno preso provvedimenti importanti già durante la Milano Fashion Week: porte chiuse, in streaming per i buyer, sedie vuote nella front row.
Ma dopo le prime settimane di remi in barca, molte realtà hanno capito come rendersi più malleabili in vista di questo cambiamento epocale. Tutte le grandi maison si sono riconvertite rapidamente in fabbriche di gel igienizzante e di mascherine, ed è stato un primo passo per non perdere il ritmo. Poi si è trattato di scegliere una strada alternativa alla vecchia o per lo meno tentare. Qualche esperimento, per me, è riuscito.
Il Met Gala 2020 è alternativo
Un altro duro colpo è stato il rinvio a data da destinarsi del magnifico ed opulento Met Ball, galà annuale di raccolta fondi a beneficio del Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York City. E’ una serata a tema (quello di quest’anno sarebbe stato ‘lo scorrere del tempo’) in cui tutto il mondo della moda e dello show business si scatena per avere il costume più vistoso, elaborato, ironico, memorabile. Quelli del Met, però, non si sono abbattuti: hanno lanciato una divertentissima challenge, invitando il popolo di Instagram a riprodurre a casa i costumi più iconici delle scorse edizioni. Tra scolapasta, giornali, sacchi dell’immondizia e un bel po’ di inventiva, quest’anno al Met Ball virtuale hanno partecipato, all’insegna della creatività in lockdown, migliaia di persone, unite dall’hashtag #MetGalaChallenge.
Armani e le riflessioni post Covid-19 su una moda sostenibile e umana
Giorgio Armani già ad aprile ha fatto il punto della situazione ipotizzando il futuro post Covid 19. Il suo approccio etico al mondo della moda ha fatto centro: “Trovo assurdo che si possano trovare in vendita abiti di lino nel bel mezzo dell’inverno e cappotti d’alpaca d’estate per la semplice ragione che il desiderio d’acquistare deve essere immediatamente soddisfatto”.
Spettacoli e show grandiosi che si rincorrono di mese in mese, di continente in continente, solo per l’avidità di consumo sfrenato. Ma il lusso, l’alta moda, non possono seguire questi ritmi, perché sono controproducenti. La chiave per riprendere una giusta economia è ricominciare a fare delle cose belle, create per durare.
Le dichiarazioni di Armani hanno aperto la strada a numerosi marchi e designer e manager, che hanno sottoscritto un documento, un vero e proprio manifesto che propone di semplificare il business sia dal punto di vista sostenibile sia da quello commerciale, venendo incontro alle necessità del cliente finale.
Alessandro Michele (Gucci) e il tempo ritrovato
Michele, direttore creativo di Gucci, è ormai da anni il vero ago della bilancia di tutto il fashion business. Quello che pensa fa, rompe gli schemi, lascia perplessi, affascinati, curiosi di capire questa nuova estetica di cui lui è contemporaneamente fautore, mentore, mecenate e musa. Io, personalmente, adoro lui e le sue idee. Al centro della sua creazione c’è sempre un racconto e la memoria, di un movimento storico o della nostra infanzia, purché sia un onirico specchiarsi.
Sul proprio account Instagram ha pubblicato le pagine del suo diario dal 29 marzo al 16 maggio, gli ‘Appunti dal silenzio’, nei quali scrive: “Nel mio domani, abbandonerò quindi il rito stanco delle stagionalità e degli show per riappropriarmi di una nuova scansione del tempo, più aderente al mio bisogno espressivo. Ci incontreremo solo due volte l’anno, per condividere i capitoli di una nuova storia. Si tratterà di capitoli irregolari, impertinenti e profondamente liberi“. Basta sigle astruse, dicotomia uomo/donna, regole stantie. Vedremo come ci stupirà, all’insegna di una ritrovata creatività riflessiva.
Dolce e Gabbana, mascherine e tutorial
Tra un’uscita infelice e un colpo di genio, D&G è un duo che non ci annoia mai. Se già due anni fa avevano mandato in passerella una mascherina tempestata di Swarovski, dedicata al mercato asiatico, ora entrano nelle nostre case, visto che noi non possiamo entrare nei loro negozi. Come? Con dei tutorial davvero interessanti! Ricamatrici, artigiani, sarti ci insegnano piccole tecniche per grandi risultati home made. Nell’ottica nel trionfo dell’artigianalità del Made in Italy e dell’omaggio al nostro paese, da sempre tratto distintivo della maison siciliana.
La moda è morta, evviva la moda
Partendo dall’assunto che innovazione non vuol dire trasformazione, ma essere capaci di creare un nuovo paradigma, La moda si conferma un animale mutevole e adattivo.
Rimane un sistema complesso, fatto di economia, creatività, posti di lavoro, ma in grado di percepire e spesso anticipare le nuove esigenze e, soprattutto, le nuove modalità che le permettono di sopravvivere da millenni.
Se vuoi approfondire altri cambiamenti della moda, ti consiglio Made in Italy, per capire l’evoluzione del fashion world negli anni 80.
Micaela Paciotti