La nostra memoria è ciò che distingue come essere umani?
Questo dubbio non solo è la chiave di lettura principale della 3° puntata di Westworld, ma anche una prospettiva che potrebbe rivelarsi fondamentale nel resto della serie. Sicuramente il tema principale del lavoro di Jonathan Nolan, nella metafora del rapporto tra uomini e macchine, è la ricerca dell’identità personale per capire chi siamo, e in questa ricerca, forse vana, forse impossibile, la memoria è l’arma più importante che abbiamo.
E ovviamente non è affatto un caso che, finora, questo terzo episodio sia il migliore della nuovissima e ancora acerba serie. Pone nuovi interessantissimi quesiti – su tutti quello delle intenzioni di Ford – e al tempo stesso inizia a rispondere a domande non in un modo fine a sé stesso, ma approfondendo tematiche e personaggi, su tutto il passato doloroso di Bernard (un Jeffrey Wright come sempre perfetto).
Insomma, cosa è la nostra memoria, e soprattutto, ciò che ricordiamo e dimentichiamo è frutto di una scelta consapevole? Sia chiaro, compito e intenzione di Westworld non è affatto quella di rispondere, nemmeno ci prova, ma l’episodio attraverso i comportamenti dei robot ci fa ben capire che ciò che siamo, o meglio ciò che diventiamo, è una nostra scelta consapevole dettata dal filtro dei nostri ricordi. Non bisogna certo scomodare Freud o la psicoterapia per inquadrare la funzione della memoria nel nostro essere, basta un tuffo mentale nel passato e il nostro presente è subito condizionato.
Westworld è una serie che in tre episodi, come solo le grandissime serie HBO sanno fare, sta già affrontando di petto e con grande maestria temi molti importanti, non dimenticando mai di accompagnare di pari passo una dose d’intrattenimento e fascino che cattura l’immaginario dello spettatore, soprattutto di quelli casuali magari meno interessati a farsi domande a visione ultimata. E’ una serie infatti che continua ad essere dannatamente inquietante, a volte graficamente, a volte col pensiero, e quindi non permette mai di far calare l’attenzione. Naturalmente è ancora alla ricerca di un vero ritmo narrativo, ma la vicenda sia via via sempre più empatica, oltre che semplicemente intrigante.
Emanuele D’Aniello