“Veleno”: la docu-serie originale Amazon Prime sui diavoli della Bassa

Veleno recensione docuserie

Veleno, il podcast

Pablo Trincia e Alessia Rafanelli nel 2017 hanno realizzato un’inchiesta su una vicenda svoltasi negli oscuri anni ’90. Questa indagine giornalistica, che ha dato vita prima a un podcast e poi a un libro, ha fatto luce sugli eventi di abuso su minori e satanismo che si sarebbero verificati nella bassa modenese.

Veleno, la serie Amazon Prime

Da questo podcast prende origine la nuova docu-serie originale targata Amazon Prime Video scritta e diretta da Hugo Berkeley.
Veleno è infatti una serie crime di cinque episodi, basata su una storia vera, che racconta uno dei casi di cronaca nera più aberranti della storia del nostro Paese: tra il 1997 e il 1998 sedici bambini sarebbero stati vittime di abusi sessuali svolti sia in ambito domestico che cimiteriale da parte di una sanguinosa setta satanica, formata dai componenti delle proprie famiglie, dai vicini di casa e dal parroco del paese.
La stampa avrebbe definito le persone accusate “i diavoli della Bassa modenese”, espressione passata alla storia.

In realtà, come rivela la serie, il caso non è mai stato veramente chiuso.

Dopo numerosi gradi giudizio e cinque diversi processi, sembra infatti che la storia del satanismo fosse nata per suggestione.

Gli errori nelle indagini

Il caso si apre in seguito alle accuse mosse da alcuni bambini, che prontamente saranno allontanati dai propri familiari, in piena notte, e affidati ai servizi sociali.
Nella Bassa si scatena il panico tra i genitori: c’è chi addirittura fa un briefing ai propri figli su come comportarsi se in piena notte qualcuno suona il campanello di casa.
Ben sedici bambini infatti sono stati separati dalle proprie famiglie e non sono mai più tornati indietro, nonostante la legge italiana abbia riconosciuto l’insufficienza di prove per l’accusa di abuso durante il rituale satanico.
Polizia e psicologi della Bassa modenese avrebbero infatti posto le domande ai bambini con tecniche sbagliate in grado di generare falsi ricordi.
Partendo dal falso assunto che “i bambini non mentono mai” e dalla volontà di punire i colpevoli prima ancora che siano stati dichiarati tali, psicologi e assistenti sociali hanno causato letteralmente la distruzione di alcuni nuclei familiari, ferite psicologiche che tutt’ora sanguinano e vuoti emotivi.

I falsi ricordi

Il professor Stephen Ceci della Cornell University, psicologo di fama mondiale, ha fatto delle indagini sul tema dell’attendibilità delle testimonianze dei bambini. Uno dei suoi test più famosi, raccontato in Veleno, è quello della “trappola per topi”.  Assieme alla sua equipe, Ceci ha incontrato una volta alla settimana alcuni bambini, con i quali parlava degli argomenti più vari. Nel corso di ogni incontro però, faceva una domanda, per una sola volta: “Hai mai messo il dito in una trappola per topi finendo in ospedale?”.

Inizialmente i bambini avevano risposto di no. Ma dopo aver sentito la stessa domanda per tre o quattro volte, alcuni bambini hanno iniziato a rispondere di sì e incoraggiati da altre domande, come “Chi è venuto con te all’ospedale?” o “Dov’è la trappola per topi in casa tua?”, avevano arricchito il racconto di dettagli facendo proprio un falso ricordo.


Quando poi gli psicologi spiegavano ai bambini che la trappola per topi in realtà non esisteva, e che era solo un test, il ricordo dell’episodio era ormai talmente innestato da essere diventato “vero” e in quanto tale indelebile.

I colloqui psicologici con i minori

Per approfondire meglio la gestione del colloquio, è doveroso fare un passo indietro con una premessa fondamentale. Il terreno sul quale ci si muove è molto delicato. Un lavoro carico di responsabilità e sofferenza nell’ascoltare e rivivere le storie dei minori. Non è facile prendere delle decisioni sull’allontanamento del minore dalla sua famiglia considerando che questo non ha la percezione di cosa stia realmente accadendo. Spesso poi, i minori tendono a colpevolizzarsi pur di salvare i loro genitori e di restare a casa. Altre volte invece, parlano poco, vengono forzati o indotti nel parlare e spetta al professionista filtrare ciò che è accaduto. Nella gestione dei casi, esistono due contesti paralleli: quello clinico e quello forense. In seguito a delle segnalazioni (da parte di familiari, amici, contesto scolastico…) e alle successive indagini, il minore viene allontanato dalla famiglia e collocato in una comunità dove, nel migliore dei casi, viene avviato un percorso di supporto psicologico e assistenziale. Per intenderci, nel caso della Bassa, erano gli incontri svolti dalla dottoressa Donati. Questo è l’ambito clinico. Quando invece la segnalazione arriva in procura, segnalando un possibile reato, qui operano gli psicologi forensi in supporto all’autorità giudiziaria. Questo è l’ambito forense.

È dal 1995, in seguito ad un convegno sull’abuso sessuale sui minori, che le figure professionali interessate nel colloquio fanno riferimento alla famosa “Carta di Noto“, un documento che fornisce le linee guida da seguire e applicare con minori presunte vittime di abuso, in caso quindi di esame psicologico del minore.

Questo documento nasce dalla collaborazione tra magistrati, psicologi, avvocati, criminologi e neuropsichiatri infantili.
Obiettivo ultimo è quello di evitare il più possibile i codizionamenti dei minori in fase di colloquio.
La storia ci mostrerà come il dottor Foti, con il suo metodo psicologico connotato da forte pressione e forzatura nei confronti del minore, verrà denunciato vent’anni dopo nel caso “Bibbiano” per ipotesi di reato, lesioni aggravate e forti violazioni della Carta di Noto.

Con un occhio attento, nella docu-serie Veleno, si nota come, anche nel 1997, non venivano rispettate le direttive della carta inducendo nel minore le risposte ma, onore al vero, mancano le prime registrazioni dei colloqui con i minori, fondamentali per definire l’approccio.

Perché guardare Veleno?

Allo spettatore è offerta l’opportunità di farsi un’idea sul caso grazie alle immagini di repertorio – trasmesse dai telegiornali e dai programmi d’inchiesta dell’epoca- e soprattutto grazie alle registrazioni dei colloqui tra i giudici, gli psicologi e i bambini.

Veleno è un documentario che riesce a dare una visione dei fatti più corale rispetto al già eccezionale racconto della vicenda fatto nel podcast.

La presenza di nuove testimonianze dei diretti interessanti – che si erano rifiutati di offrire il proprio punto di vista nel podcast – è sicuramente un valore aggiunto.
La narrazione infatti offre un quadro a trecentosessanta gradi della vicenda, anche se trapela l’idea di fondo che gli errori giudiziari siano stati molti e che i colpevoli abbiano ricevuto delle accuse ingiuste.

A cura di Valeria de Bari e Francesca Sorge

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