Raccontare cosa è stato Twin Peaks 25 anni fa è molto difficile.
Raccontare cosa è Twin Peaks adesso è quasi impossibile.
Sono tantissimi i motivi per cui Twin Peaks è entrato nell’immaginario collettivo, e non ne è più uscito. E’ la serie cult per antonomasia, e forse la più importante di sempre. Ma non lo è perché ha cambiato il modo di fare tv, come molti dicono. Non a caso, nessuno dopo ha più fatto quello che David Lynch aveva creato. Semplicemente, Twin Peaks ha mostrato quali sono i confini della serialità tv, come osare, quanto osare, come piegare la narrativa ai propri intenti.
Quello che 25 anni fa Twin Peaks ha portato nelle case di milioni di spettatori non si era mai visto prima, e non si è più visto dopo.
Non è forse un caso, quindi, che al suo ritorno David Lynch cambi ancora, osi ancora, osi di più anzi.
Twin Peaks è cambiato, almeno in questi due primi episodi, ed è diversissimo da quello lasciato. E’ cambiata la tv, ma soprattutto Lynch stesso, che da quando finì quella serie, e realizzò subito l’imprescindibile Fuoco Cammina con Me, ha virato la sua poetica dal surrealismo all’astrattismo puro.
Il nuovo Twin Peaks è questo. Non una serie tv, ma un’opera puramente sperimentale, un’iniezione di astrattismo attraverso gli occhi di Lynch.
Non manca un certo gusto per l’ironia e il grottesco, ma almeno finora chi si aspettava battute, torte, ciambelle e caffè deve riprendere le vecchie puntate. Queste prime due puntate sono una dose di atmosfera, slanci onirici, misteri, inquietudine, paura e nebbia. Benjamin, Jacoby e Lucy un tempo erano la spina dorsale delle eccentricità della serie, ora le loro apparizioni sono contorno e digressione tra le scene della Loggia Nera.
Parlare di trama è inutile. Una trama non c’è, letteralmente. Un tempo forse era addirittura troppa, con quel misto di soap opera che rese davvero unica l’esperienza della vecchia serie. Ora sì, abbiamo l’agente Cooper che deve uscire dalla Loggia Nera, ma tutto raccontato nella maniera meno lineare possibile. Anche il caso di omicidio al centro di questi episodi è più che altro uno strumento per mostrare l’efferatezza della nuova versione di BOB, e serve quasi a fare da contraltare ai ricordi del dolore del caso Laura Palmer.
Così con disinvoltura la serie per la prima volta lascia i boschi della provincia per mostrarci i grattacieli di New York. Già solo da questo capiamo che Twin Peaks è profondamente cambiata. Ma pur essendo cambiata al tempo stesso la tv, ed il modo di realizzare e guardare le serie, nulla può preparare alla nuova creatura di Lynch. Già 25 anni quella serie era troppo, non a caso quando aumentarono le stranezze gli ascolti crollarono.
E come può il pubblico odierno abituarsi a quello che vede?
Queste prime due puntate sono ostiche per spettatori cinefili abituati e allenati, figuriamoci per famiglie formate da spettatori casuali. E questa, ancora una volta, è la grandezza di Twin Peaks. Che sarà pure cambiato, rivoluzionato, per alcuni in meglio, per molti altri in peggio, ma rimane un unicum a cui nessuno si può avvicinare, un qualcosa che ha il coraggio della totale libertà e creatività, che ha l’audacia di rivalutare i confini della tv e spingersi sempre oltre.
Che poi, ancora non si sa bene oltre cosa. E proprio questo è il bello. Twin Peaks potrà reggere per altri 16 episodi in maniera così astratta? Cosa c’è oltre la fantasia di Lynch, e cosa vorrà dirci? Avremo risoluzione a tutti i misteri che ci portiamo indietro da anni?
Ecco, abbiamo già tante domande. E la grandezza della serie sarà proprio questa: nell’epoca del binge watching, finalmente avremo tempo per mesi, ogni settimana, di discutere e fare teorie. Solo Lynch poteva spezzare la spirale in cui si sta accartocciando la serialità tv, qualità a parte. Solo lui poteva reinventare radicalmente la sua creatura, e al tempo stesso ricordandola con calore nell’atmosfera della scena finale, tra musica, fumo e volti familiari.
Twin Peaks E’ David Lynch, e soprattutto siamo noi che, come il ragazzo nella puntata, guardiamo una scatola di vetro cercando significati. Siamo ipnotizzati come anni fa, sta succedendo di nuovo. Ed è tutto bellissimo.
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Emanuele D’Aniello