The Handmaid’s Tale 2×10/2×11, tutti hanno un cuore affamato

The Handmaid's Tale 2x10/2x11

Ma sapete davvero quanto è importante avere un grande attore?

Potete avere il miglior regista, la miglior idea, la miglior sceneggiatura, il miglior reparto tecnico. Tutti i migliori al mondo, addirittura. Ma forse niente è importante quanto avere un grande interprete a disposizione. Qualcuno da piazzare lì, davanti alla camera, e catapultarlo nell’esistenza degli spettatori in maniera intima.

Fortunatamente, The Handmaid’s Tale ha Elisabeth Moss. Ho scritto fin troppo quanto questa seconda stagione abbia largamente deluso, e di quanto la ripresa pareva però vicina. La ripresa è arrivata, questi nuovi due episodi hanno lasciato un segno emotivo indelebile – in particola la 2×11 è forse l’episodio finora migliore dell’intera serie – ma il merito più di ogni cosa appartiene all’interpretazione centrale. Quindi a Elisabeth Moss, appunto.

Le due puntate, che adesso analizzo insieme ma che sono state ovviamente trasmesse separate, rappresentano un unico tour de force emotivo e recitativo davvero con pochi uguali nella storia del piccolo schermo americano. Nella 2×10 subisce di tutto, tira fuori tutto, recita con le urla, con le lacrime, con lo sguardo stupito e massacrato, con quel dolore che vorrebbe uscire fuori ma viene ricacciato dentro. Invece, nella 2×11, se escludiamo i flashbacks ha una prova quasi muta. Parla raramente, urla solo nella parte finale, e tira fuori quel misto di confusione e reazione che non può non lacerare. In due puntate, nemmeno due ore, Elisabeth Moss ha tirato fuori una gamma recitativa stupefacente. Ed è stupefacente il modo con cui, mentre altri recitano attraverso gli occhi, lei riesce a recitare attraverso la bocca. È difficile da spiegare, ma seguite i movimenti dal naso al mento, e c’è di tutto.

Rimanere impassibile a questi due episodi è realmente arduo. Questo è il meglio, ma il peggio emotivo, che The Handmaid’s Tale sa offrire.

Forse è la prima volta che la cerimonia rituale, da stupro sottinteso, diventa uno stupro effettivo. La serie lo ha voluto mostrare senza mezze misure, senza rituali, ricordandoci quanto gli autori vogliamo ancorarsi il più possibile alla nostra realtà, pur nelle sue pieghe più tragiche. Avevamo già detto che The Handmaid’s Tale non ha mai rifiutato l’orrore nella sua veste più didascalica. Una scelta sia emozionale, come lo strazio empatizzante che prova June quando può brevemente rivedere la figlia, e sentire soprattutto quelle parole, sia puramente estetica. Quest’ultimo è appunto il caso della 2×11, un episodio che, tra silenzi e solitudine, sembra quasi un film horror del genere “home invasion” sempre più soffocante e sconfortante.

La volata per chiude la 2° stagione di The Handmaid’s Tale è partita. Ci sono stati bassi, purtroppo, ma queste puntate sono state tra i punti più alti in assoluto. Speriamo sia un buon viatico per finire la stagione, pur sapendo che non solo la serie andrà avanti, e quindi da chiudere ci sarà ben poco effettivamente, ma soprattutto che immaginare un finale conciliante è fin troppo ottimista.

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Emanuele D’Aniello

Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

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