The Handmaid’s Tale 2×08/2×09, oltre le colonne d’Ercole

The Handmaid's Tale 2x08/2x09

Siamo forse davvero vicini alla tanto attesa e voluta risalita?

No, non parlo del destino di June, come avrete intuito. Ma del nostro destino di spettatori, in snervante attesa che la serie torni al livello del primo anno. Uno spiraglio che non si è aperto con l’ottavo episodio, noioso e a tratti avvilente, forse addirittura il peggiore finora della seconda stagione. Ma naturalmente col nono episodio, la prima volta che The Handmaid’s Tale apre veramente al contatto col mondo esterno a Gilead.

Il contrasto tra ciò che sappiamo, e ciò che vediamo, è potentissimo. Così come la carica emotiva che tutto l’episodio si porta dietro, fino al culmine dell’incontro tra Nick e Luke. Per una serie a fortissima impronta femminile e femminista, è significativo che uno dei momenti più malinconici avvenga tra due uomini, due estranei innamorati della medesima donna, due prigionieri rinchiusi in carceri completamente differenti ma ugualmente soffocanti.

E poi c’è Elisabeth Moss, come sempre, che fa tantissimo con poco. Ha poche scene stavolta, forse è il primo episodio nel quale è quasi una comparsa, ma il suo volto e le sue reazioni emotive riempiono lo schermo e diventano esse stesse la scrittura dei momenti.

Ancora una volta siamo sulle montagne russe con The Handmaid’s Tale.

La seconda stagione vive di picchi e momenti bassissimi. Così come June che alterna fiammate di speranza di fuga a attimi di pura rassegnazione. L’incertezza degli autori insomma, che probabilmente stanno ancora ricalibrando le loro stesse intenzioni.

Lo vediamo anche nella scrittura di personaggi come Lydia e soprattutto Serena, che da mostri si stanno rapidamente, per quanto diversamente, trasformando. La prima è sicura in ciò che fa, ma in lei esce fuori puntata dopo puntata sempre più umanità. La seconda invece si sta aprendo ai dubbi e alla consapevolezza di ciò che ha personalmente contribuito a creare. Trasformazioni sulle quali gli autori devono andare molto cauti, perché è vero che è necessario empatizzare e aprirsi ad un dibattito interiore come spettatori, ma umanizzare troppo autentici aguzzini rischia fortemente di normalizzare l’orrore aberrante che ci propongono.

Qualcosa comunque, inevitabilmente e fortunatamente, si sta muovendo. Vicini al rush finale della seconda stagione, la serie probabilmente sta smettendo di rigirarsi i pollici. Era ora, indubbiamente, adesso è il momento dell’azione. Lo ha capito anche la stessa June.

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Emanuele D’Aniello

Emanuele DAniello
Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

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