The Handmaid’s Tale è una serie che non dà un attimo di respiro, lo possiamo confermare già al quarto episodio.
Se il trio di puntate iniziali sono state infatti tra le più raggelanti e dure mai viste, questa 4° puntata non abbassa la guardia, e si presenta ancora più complessa. E’ infatti molto sfaccettata nel ritratto di questo mondo distopico così lontano ma purtroppo anche così vicino.
E’ una puntata concentrata sull’uso del potere, sulla possibilità di decidere ma soprattutto sulla capacità di condizione le vite altrui. Un potere che inquina la bontà delle intenzioni e la fiducia stessa, perché il confine tra sincerità e sadismo è labile data la superiorità di chi esercita il controllo. Dopotutto, in una situazione di rigida divisione sociale, come accertare la sincerità di una qualsiasi azione se chi è sottomesso è costretto a subire? Anche il gesto più disinteressato diventa il gioco di un burattinaio inconsapevole (l’esempio è la scena della visita dal medico, il quale si offre di aiutare la nostra protagonista, probabilmente anche in maniera onesta, ma non si accorge che in pratica le sta chiedendo il permesso di stuprarla nuovamente).
Ma non dimentichiamo: Nolite Te Bastardes Carborundorum.
Questo latinismo, volutamente storpiato nella grammatica, è tradotto nella puntata come “non lasciare che i bastardi ti schiaccino”. Eccolo qui l’uso più forte del potere: quello della speranza.
In una serie drammatica e agghiacciante, e finora così impassibile nel colpire nello stomaco gli spettatori, intravediamo finalmente la speranza. Un barlume di speranza altamente necessario, diciamolo. In questo episodio complesso e sfaccettato il potere è anche quello della speranza, dell’importanza della ribellione e della solidarietà umana. Che sia nei piccoli gesti, un sorriso o un attimo di pace, oppure nelle manifestazioni di rivolta, simboliche o pratiche.
Qui, come già sottolineato, The Handmaid’s Tale diventa attuale: il romanzo è del 1985, la serie tv concepita e girata lo scorso anno, ma tale messaggio universale non può non avere eco nella società americana attuale (dopotutto la distopia in questione si rivolge proprio a loro) per ricordare di non farsi schiacciare dalla presidenza Trump. Un prodotto di cinema e tv diventa grande e immortale quando supera i confini temporali per cui è stato concepito e tocca la contemporaneità: The Handmaid’s Tale pare il perfetto manifesto per ricordare agli americani di non tenere la testa la sabbia, di continuare a lottare, di continuare a ribellarsi contro la negazione dei diritti. Una grande allegoria sul sessismo capita in tv nell’epoca di Trump, nemmeno a farlo apposta.
E allora in una serie così “nera” la forza di un sorriso è disarmante. Il ricordo che c’è speranza è la cosa più importante. Come la consapevolezza che per noi e per il nostro futuro non si può lasciare che i bastardi ci schiaccino. Sì, non possiamo proprio lasciare che i bastardi vincano.
Nolite Te Bastardes Carborundorum, bitches.
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Emanuele D’Aniello