Queste due nuove puntate di The Deuce chiariscono la vera natura della serie: mostrare l’abisso della solitudine umana.
Un vuoto che ovviamente si fa sempre più profondo quando l’unica arma a disposizione per colmarlo è l’edonismo, che sia il dedicarsi ai piaceri della carne o invece rincorrere il facile colore verde dei dollari. Ma al tempo stesso, proprio perché questa è una serie che analizza ma non demonizza, capiamo che talvolta l’edonismo può essere la chiave giusta quando è fatto proprio e ribaltato a strumento dell’indipendenza personale.
Prendiamo Abby. Questa giovane ragazza è quasi un surrogato del pubblico, colei che si muove al di fuori di tutto e fa domande. Una ragazza che ha capito benissimo cosa vogliono gli altri e sa usarlo a proprio vantaggio, padrona di sé stessa riuscendo a sfiorare l’oggettificazione senza caderne dentro. E prendiamo poi Candy, forse l’esempio assoluto della solitudine mostrata dalla serie. Barcamenandosi tra “lavoro”, famiglia e indipendenza da ogni pappone, è sicuramente il personaggio più triste ed empatico finora visto. Ma non una che si chiude in sé stessa, semmai una figura che ha capito cosa sfruttare, e ora vede nella finestra del porno le possibilità del domani. E poi naturalmente c’è Vinny, sempre in bilico tra due mondi, ma sempre disposto a cadere per i soldi.
Il lavoro di The Deuce è sensazionale. Prendere il non detto dalle altre serie tv, sfiorare le perversioni, e da qui partire per capire la sincerità umana.
Rimane comunque una serie opaca, come tutti i lavori di David Simon. Enormemente dispersiva, e quella lunga scena in cui moltissimi personaggi si trovano tutti all’inaugurazione del nuovo locale di Vinny è quasi una rarità. Un affresco ancora più emblematico, un microcosmo nel quale vediamo muoversi sentimenti e azioni per rispondere ai nostri quesiti.
Non tutto funziona proprio perché The Deuce non sta ferma e zitta un momento. James Franco è bravissimo, ma il doppio ruolo dei gemelli è piuttosto inutile, e l’interpretazione di Frank non aggiunge nulla alla serie o al ritratto, di riflesso, del fratello Vinny. La storia con la mafia aiuta a capire il movimento e la ricostruzione della New York anni ’70, partendo dalle radici marce, ma rimane troppo diversa dalla narrazione principale. E, naturalmente, non efficace come le storie delle ragazze di strada, quasi come se uscisse da una diversa serie.
Probabilmente The Deuce non aiuterà gli spettatori a capire perché esiste la prostituzione. Ma farà riflettere sulla necessità di (ri)prendere il controllo ognuno della propria vita. O perlomeno, riflettere su cosa vogliamo veramente.
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Emanuele D’Aniello