Sicuramente, questi primi due episodi di Star Trek: Discovery spingono più sull’azione e sulla guerra che sul senso di scoperta suggerito dal titolo.
Non penso sia un mio abbaglio, pur non essendo un esperto dell’universo di Star Trek. Ecco, questa deve essere la premessa all’articolo e alle future eventuali recensioni della nuova serie di fantascienza targata CBS ma disponibile in Italia grazie a Netflix. A parte i recentissimi film, e un’infarinatura di base sulla serie originale, non conosco l’universo di Star Trek, a cui ovviamente i fans sono legatissimi.
In tal senso, è già il momento di fare il primo grande complimento alla nuova serie. Star Trek: Discovery in queste primi due episodi fa un gran lavoro nel delicato compito di abbracciare i tanti trekkies ricreando scenari che loro amano, ed accogliere nuovi fans che conoscono poco o nulla della creatura di Gene Roddenberry.
Star Trek: Discovery mira all’essenziale nella storia raccontata, un conflitto primordiale tra due razze. Da un lato i richiami alla pace e alla diplomazia. Dall’altro i Klingon, con l’ostinato desiderio di rimanere puri, uniti, compatti nel difendere il proprio da tutto ciò che appare diverso. In scena è il dilemma tra l’agire, anche se non provocati, e il classico motto “non negoziare con i terroristi”.
I sottotesti politici e contemporanei non sono affatto velati, ma è anche giusto così.
Star Trek ha sempre avuto una narrazione ricchissima di metafore e richiami all’attualità del suo momento, pensiamo alla serie originale degli anni ’60 che già solo col suo cast stratificato affrontava temi progressisti tipici di quel decennio come il multiculturalismo, il genere, la guerra, le iniquità sociali. Anche ora la serie ci mette di fronte la paura e la necessità del conflitto, l’urgenza di convivere con persone guidate dall’odio. La fascinazione verso la scoperta, il desiderio di stupore tipicamente umano c’è ancora, ma è schiacciato dalle difficoltà quotidiane: tutto ciò non vuol dire perdere l’ottimismo dell’originale Star Trek, ma declinarlo alla nostra contemporaneità, in cui la spinta a migliorarsi è continuamente messa alla prova dai problemi proveniente da ogni angolo del mondo.
Soprattutto, Star Trek nel suo cuore rimane un inno alla diversità. Non solo con l’ovvio coraggio di mettere protagoniste due donne, nessuna delle quali bianca. Ma anche nell’affrontare le diverse spinte e opinioni. Se il binomio Kirk-Spock rappresentava l’emozione e la logica, ora entrambi i sentimenti sono incarnati dalla protagonista Michael Burnham, che ha sia la fragilità umana sia la fermezza dei vulcaniani. Uno spirito ribelle, in lotta prima di tutto con sé stessa, che riesce a trasmettere le motivazioni di giusto e sbagliato.
Speriamo davvero che chi ben comincia sia a metà dell’opera, perché questo inizio è soddisfacente.
Gli attori fanno un lavoro egregio, soprattutto “l’alieno” di Doug Jones destinato già a diventare un fan favourite. Il racconto parla dei nostri conflitti, pur mantenendo intatto lo spirito originale della serie. Mantiene l’equilibrio tra rimandi al passato e nuovi scenari. Soprattutto, è un grande prodotto di intrattenimento nel genere fantascientifico che mancava molto al panorama tv attuale. Promette, insomma, grande curiosità e fiducia verso il futuro della serie: non è anche questo vero desiderio di scoperta?
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Emanuele D’Aniello