Sherlock 4×02 “The Lying Detective”, l’inizio della fine
Lo avrete letto più volte, e sinceramente anche io l’ho scritto più volte: Sherlock è un’autentica droga.
Per come è concepita, scritta, girata e recitata, con ritmi vertiginosi, continui cambi di scena e prospettiva, impossibilità di far scemare l’attenzione, dialoghi al fulmicotone e elementi interessanti, questa è una serie davvero additiva. E poi, durante così poco ogni volta, ti manda letteralmente in astinenza.
Eppure, essendo una droga, Sherlock talvolta rischia l’overdose della sua stessa bellezza.
Prendiamo appunto questa 4×02, una puntata che ha tutto per essere uno dei migliori episodi: plot intricato, villain interessante, ostacoli dovuti alla crisi di rapporti tra i due protagonisti. Eppure, c’è parecchio che non funziona: alla fine il villain interpretato da Toby Jones è estremamente caricaturale (nell’aspetto fisico e e nel suo modo di sentirsi crudele), la risoluzione del caso è telefonatissima con almeno un paio di twist fin troppo basilari, e la grande costruzione della ricaduta di Sherlock Holmes nei suoi demoni personali solo un mero strumento narrativo.
C’è quantomeno un gigantesco colpo di scena alla fine dell’episodio, slegato dal resto, ma per giudicarlo dobbiamo ancora aspettare la prossima puntata.
Questa 4×02 soffre quindi la classica situazione del “troppo stroppia”, quando gli autori si specchiano nel proprio talento e ripetono col pilota automatico le loro trovate puntando solo sull’effetto. Non è un caso che quasi sempre in Sherlock la puntata centrale sia quella meno riuscita, probabilmente gli autori dedicano troppo tempo all’introduzione, al fine, e il secondo episodio inevitabilmente diventa un ponte in cui il “case of the week” non ha giusta la costruzione.
Non è una vera accusa, è totalmente concepibile.
E non a caso, anche questo episodio magari meno riuscito è comunque estremamente godibile, estremamente avvincente, estremamente coinvolgente, perché la relazione fondamentale tra i due protagonisti è il motore di tutto, funziona quella e funziona tutto il resto: Benedict Cumberbatch e Martin Freeman sono come sempre magistrali, ed è davvero emotivamente spossante seguire la continua altalena tra Holmes e Watson, una amicizia profondissima che ha sempre una valvola non a posto a causa di problemi sepolti nel passato e nel presente.
E così siamo già all’inizio della fine, abbiamo appena iniziato ad appassionarsi nuovamente e la prossima puntata è nuovamente l’ultima. E attenzione, potrebbe essere davvero per tanti motivi.
Emanuele D’Aniello