E così siamo arrivati anche alle puntate di Gomorra: la serie 3×11/3×12, ovvero i due episodi finali di stagione. Pertanto, decido paradossalmente e volontariamente di iniziare da un’altra cosa.
Una battaglia inutile, certamente, dato che in una serie in cui si uccidono nei modi peggiori, chiunque ha un’arma e si mostra la criminalità organizzata, il mio punto non è centrale. E nasce anche dalla realtà dei fatti, quindi più che altro è ispirarsi al quotidiano. Eppure mi chiedo io….possibile che nella serie in motorino vadano tutti senza casco? Diamine, che gli sceneggiatori la prossima stagione mettano il casco ai vari personaggi, non si sa mai che tale semplicissimo gesto possa ispirare i giovani spettatori a rispettare un dovere (oltre che un fatto di sicurezza personale).
Chiudo la parentesi. Dovuta comunque, più che altro, a prendere tempo per farvi capire che segue una recensione fortemente SPOILER.
Insomma, io avviso e concedo il tempo, il resto è solo SPOILER e chi non ha visto il finale non vada avanti.
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Forse, narrativamente avrebbe avuto più senso la morte di Genny. L’idea, che poi si è rivelata quasi uno scherzo volontario vedendo il finale, è venuta vedendo il penultimo episodio, costruito interamente sulla tensione del recupero di Azzurra e del piccolo Pietro. Ma soprattutto considerando l’intera stagione: la funzione di Genny è stata praticamente annullata, e il suo contrasto con Enzo, su cui probabilmente si fonderà l’eventuale 4° stagione, costruito molto velocemente.
O forse, semplicemente, a parlare è il dispiacere di perdere Marco D’Amore, indubbiamente il miglior attore del cast. Perché riflettendo bene la dipartita di Ciro è stata costruita, emotivamente e tematica, nel tempo. Fin dall’inizio della seconda stagione, proseguita con la sua trasformazione nel fantasma di queste puntate. Ciro, lo avevamo già notato nelle scorse recensioni, era l’unico ad aver capito il destino manifesto della sua esistenza. L’unico ad aver colto e abbracciato la maledizione della sua vita. Il solo che, causando morte altrui, ha flirtato con l’idea di morire per porre fine alla spirale di dolore della sua appartenenza criminale. Ciro non è tornato a Napoli per distruggere qualcosa o ricostruire altro, bensì per pareggiare i conti con quanto di male fatto in vita.
La morte di Ciro cambia l’intera faccia di Gomorra: la serie, senza dubbio.
Non solo perché era il suo personaggio più interessante, oltre che il protagonista. Ma perché è come se spazzasse via un intero status quo, molto più della morte di Pietro Savastano lo scorso anno. Questa terza stagione diventa un’annata di transizione, in cui sono entrati in scena tanti nuovi personaggi e la serie, quasi esaurita la sua funzione esplorativa delle collusioni mafiosi con politica ed economia, ha abbracciato definitivamente il genere crime a tutti gli effetti.
Oddio, forse un po’ troppo il solo e puro genere crime, inclusi i difetti. Il colpo di scena della morte di Ciro ed il suo impatto hanno fatto trascurare l’effettiva qualità di questi due episodi finali. Non eccelsa, purtroppo. Due episodi che hanno risolto i problemi dei protagonisti nella maniera sempre più banale e sbrigativa. Così abbiamo i capi della Camorra che improvvisamente non sanno prevedere l’ovvia trappola di un gruppo di giovani e cadono tutti vittima di agguati letali. E poi i rimanente capi che, invece di pensare al profitto economico che è alla base del motivo per cui il romanzo Gomorra è nato, si uccidono a vicenda accecati dalla vendetta. Due puntate in cui tutti i personaggi, ma proprio TUTTI eh, diventano impulsivi o stupidi.
Questa 3° stagione, in conclusione, è iniziata benissimo, ha avuto dei grandi picchi ed è calata nel finale, salvandosi in corner col colpo di scena finora più importante dell’intera serie. Rimane comunque la miglior serie tv italiana a mani basse, anzi, l’unica che si sforza di cercare sempre la qualità dal punto di vista sia estetico sia tematico. Godiamocela finché dura.
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Emanuele D’Aniello