“Io non mi fido nemmeno più di me, Ciro. Ma mi fido di te”
Uno dei punti più oscuri di questa nuova stagione è la rinnovata alleanza tra Ciro e Genny, già iniziata sul finire della scorsa. Vieni da chiedersi perché, dando un senso a ciò che si vede senza sospendere l’incredulità più del necessario, Genny debba riavvicinarsi a Ciro dopo che i due si sono fatti praticamente di tutto, e in maniera letale per entrambi.
C’è un grosso errore di fondo, però, nel porsi tale domanda. Da spettatori intendiamo Ciro e Genny come due personaggi normali, protagonisti sì, ma come gli altri. In realtà, è già da un bel pezzo che i due non sono più ciò che erano all’inizio, o ciò che erano la scorsa stagione. L’impossibilità di uscire dalla spirale di morte del mondo di Gomorra è il tema centrale della serie, già analizzata nelle precedenti recensioni. In questa spirale Ciro e Genny sono pienamente al centro del vortice, e hanno preso posto consapevolmente.
Guardateli come si aggirano in queste due nuove puntate, Ciro e Genny. Come li mostra spesso ai margini dell’inquadrature il regista Claudio Cupellini. Come entrano di soppiatto sulla scena, come escono quasi nel nulla, come parlano silenziosamente, come agiscono nell’ombra. Il centro della ribalta è tutto preso da Enzo: sia come azione, perché lui gestisce il traffico di droga, subisce i primi danni della guerra imminente e decide di rispondere, sia come percorso interiore, perché vive i dubbi morali della leadership, delle conseguenze sulla sua famiglia e soprattutto sulla sua coscienza. Ciro e Genny rimangono ai lati, appaiono quando devono apparire, in maniera sommessa, e spariscono quando hanno detto il necessario.
Ciro e Genny non sono più solo due personaggi, ma due autentici archetipi della morale di Gomorra: la serie. Sono legittimamente diventati due entità, due angeli della morte che si aggirano tra le macerie di ciò che hanno creato.
Macerie che non accennano a ricostruirsi, con una nuova sanguinosa faida alle porte. Ma questa guerra un aspetto diverso, più interessante sembra averlo: quello generazionale. Esattamente come nel molto meno riuscito e meno convincente Suburra: la serie, abbiamo da un lato i clan comandati da gente esperta, anche anziana, il cui potere si è solidificato nel tempo fino ad incrostarsi, fino a farli sentire inscalfibili, e dall’altro lato dei giovani rampanti di strada che sanno nemmeno cosa voglia dire l’odore del sangue, o non gli danno il giusto peso. Come dice giustamente Genny “a 20 anni è più facile sparare che pensare” ed è una considerazione che spaventa.
Vecchi che non si spostano, e giovani che vogliono prendersi il loro turno con la forza. La metafora di Gomorra: la serie non poteva essere meno sottile, ma ugualmente molto efficace. Alla fine, le due generazioni rappresentano due lati della stessa medaglia. Tutti e due non possono vincere ma, paradossalmente, tutti e due possono perdere.
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Emanuele D’Aniello