Game of Thrones 7×03, Make Westeros Great Again

Game of Thrones 7x03

Game of Thrones è una serie tv appartenente al genere fantasy, e su questo non ci piove. Ma c’è un motivo se le basi storiche da cui è tratta sono così importanti.

Tra draghi, eserciti di zombie, veggenti magici, morti che resuscitano, si perde di vista l’essenza squisitamente politica dello show. L’accelerata fantasy è solo recente – probabilmente proprio questo ha aperto le porte del grande pubblico e fatto impennare gli ascolti – ma specialmente nelle prime stagioni Game of Thrones è sempre stata una meravigliosa allegoria politica. E questo nuovo episodio va a ripescare a piene mani proprio da quello stile, come una puntata della splendida e politicissima seconda stagione.

Una puntata questa in cui si parla, e tanto, si fanno piani, strategie, previsioni. In cui i ripensamenti sono solo tattici, e ogni passo indietro è in realtà una nuova pedina mossa sullo scacchiere. Non è un caso quindi che consiglieri come Davos, Tyrion, Littlefinger, seppur quest’ultimo con una sola scena, siano i pilastri della storia. Anche un abbraccio toccante come quello tra Sansa e Bran passa in secondo piano. Persino l’incontro tra Daenerys e Jon, probabilmente il più atteso e significativo finora, è meno importante rispetto alla vera natura della serie.

Dargli qualcosa dandogli niente” è forse il consiglio più politico che Tyrion potesse tirare fuori. Lo è anche il dialogo con Jon, quando insegna che è più importante porre la domanda giusta che non avere buone intenzioni. E il breve monologo di Litlefinger a Sansa vale oro, indubbiamente. L’oro che è tanto caro ai Lannister, e allora vediamo che il campo di battaglia è decisivo, e primario saper ribaltare le tattiche militari degli avversari, ma una buona strategia politica parte sempre dall’economia, inizia sempre dalla trattativa con i banchieri. E di colpo, da quando è sul trono, ovvero da quando deve pensare davvero alla politica, Cersei è diventata una stratega migliore rispetto ai suoi errori d’indole passati.

Ma la diplomazia, al tempo stesso, figlia di formalità e ipocrisie, non è anche così dannatamente effimera?

Sì, assolutamente, e proprio qui si cela la grandezza della serie. Game of Thrones ci mostra la tattica politica al suo massimo col fine di screditarla, o quantomeno di svegliarci. Vedere i personaggi scannarsi tra di loro tra complotti, guerre e faide personali, tutto per un semplice e inutile trono che una volta conquistato molto probabilmente dal giorno dopo sarà soggetto all’ennesima ribellione, senza accorgersi di una terribile orda di non morti che li travolgerà senza distinzioni di rango o casata, è la più efficace allegoria possibile sul nostro presente, sui nostri leader mondiali. Coloro che si azzuffano per la vacuità del potere e per problemi minuscoli senza rendersi conto dei problemi grandi del nostro mondo. Senza vedere, insomma, il quadro generale delle difficoltà quotidiane, senza pensare al futuro, incapaci di prevedere le risoluzioni a medio termine.

Game of Thrones, scavando nel profondo, è la storia di umani egoisti e viziati che si fanno guerra per il loro tornaconto, accecati dall’illusione dell’apparenza. Ditemi un po’, questo non vi ricorda proprio il nostro presente, i nostri leader, il mondo in cui viviamo?

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Emanuele D’Aniello

Emanuele DAniello
Malato di cinema, divoratore di serie tv, aspirante critico cinematografico.

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