C’è una gag che ultimamente va di moda sui social network, e sicuramente è molto divertente.
Protagonista è la piccola Lyanna Mormont, diventata in brevissimo tempo un idolo dei fans della serie. La premessa è la lunga attesa nel vedere finalmente Daenerys entrare ufficialmente nella storia principale con tutti gli altri personaggi, varcare quel mare e portare con sé i suoi ingombranti draghi. Un evento accaduto solo adesso, dopo 6 stagioni. La gag è molto semplice ma efficace: “se Lyanna avesse avuto tre draghi, la serie sarebbe finita un paio di stagioni fa”.
Oltre la risata, oltre l’arguta battuta, questa gag racchiude implicitamente tutto lo spirito della narrazione di Game of Thrones. Quello che gioca sull’attesa, in pochissime parole. Quello che molti fans non amano, ma che spesso diventa necessario con così tanti personaggi e scenari da gestire.
E chissà quanto involontariamente, questa puntata 7×02 è tutta giocata tra la pazienza e la voglia d’azione. Una puntata molto compatta, non divisa in blocchi, in cui è più facile seguire tale filo tematico.
Praticamente il concetto è esemplificato nelle intenzioni di Tyrion e di tutti gli altri vassalli della Regina Nata dalla Tempesta. Quest’ultimo vorrebbe la guerra immediata, violenta, il fuoco dei draghi sulla capitale senza se e senza me. Il primo invece è per la tattica, per la razionalità, con una strategia che punti a prendere gli avversari letteralmente per la fame. Con pazienza, insomma.
Poi c’è Sam, che non aspetta e non sente i consigli del maestro provando subito a curare Jorah, chissà con quali rischi e risultati. E c’è il dubbio amletico di Arya non solo su dove andare, nord o sud, ma anche su cosa essere, se di nuova la bambina degli Stark oppure l’assassina senza volto. Quella tensione tra azione e pazienza che scoprono anche Missandei e Verme Grigio, perché il loro incontro fatto di passione, ma anche di tristezza, deve scontrarsi con la realtà dell’evirazione di lui.
Aspettare, muovere tutte le pedine, costruire la storia, oppure giocarsi tutte le carte migliori per sfamare l’appetito del pubblico. Su questo si gioca anche la scelta di Game of Thrones su quale tipo di serie voler essere. Come se ci dicesse di guardare il quadro generale, conoscere ogni spigolatura e aspetto della storia, e poi quando meno te lo aspetti arriva una battaglia, proprio quando ha invece educato il pubblico ad attenderla nelle puntate finali.
Questo dubbio tra pazienza e azione, in un certo senso, è l’estensione del conflitto tra passato e presente analizzato la scorsa settimana. E probabilmente è anche questa natura contraddittoria ciò che rende unico e grande Game of Thrones. Quella in cui la discesa cartoonesca di Euron bella battaglia dei pirati fa da perfetto contraltare alla crisi emotiva di Theon, che dopo tutto quello passato crolla di fronte a qualsiasi accenno di violenza. Ed è normale, quanto doveroso, che pazienza e azione si scontrino nella penultima stagione della serie, quando il desiderio di conoscere la fine e il timore di perdere tale divertimento sono all’apice.
Daenerys è diventata davvero il personaggio simbolo dell’intera serie. Colei che vorrebbe scatenare il fuoco, come le dice il sangue dei Targaryan, ma è consapevole di dover seguire più miti consigli.
Se proprio vogliamo, quella richiesta di fedeltà a Varys, quel giuramento spassionato che lei vorrebbe, lo fa anche la serie a noi. Noi seguiamo Game of Thrones ovunque ci porti, soprattutto arrivati a questo punto. Non solo perché una nuova guerra è alle porte, e ci piace da matti l’azione. Ma anche perché in questi anni ha costruito perfettamente le storie, la geografia ed i cuori dei vari personaggi, appunto con pazienza ed efficacia. Del mondo di Game of Thrones ci fidiamo sempre e comunque.
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Emanuele D’Aniello