Tranquilli, anche se ancora non avete finito l’università, o semplicemente non l’avete fatta, non è difficile immedesimarsi nei protagonisti della serie.
Anche perché, onestamente, se eludiamo l’aspetto anagrafico il tema è rapportabile anche ai semplici ex compagni di liceo. Compagni di Università, la nuova serie tv da vedere di Netflix, la cui 1° stagione è già interamente disponibile online, racconta proprio questo: il rivedersi anni dopo e far finta che il tempo non sia passato, spesso anche in senso negativo, nonostante la vita vada avanti e conduca verso strade diverse e nuove.
Compagni di Università è una comedy, e la sua comicità è spesso esagerata. Ma quasi sempre le situazioni che crea, dietro la patina ironica, sono amarissime. Lo sono per l’impietoso spaccato generazionale al centro della scena, e per lo spietato ritratto della classe medio borghese.
Ma specialmente, e più di tutto, è una serie che ci ricorda come il passato non ci abbandoni mai a causa dell’infelice presente. La critica americana, quasi in maniera compatta, non ha apprezzato la serie, il cui destino per una seconda stagione è infatti fortemente in dubbio. Il motivo è da ricercare, principalmente, nell’antipatia dei personaggi, che rifuggono l’empatia nella loro ostinata voglia di non crescere. E continuare e fare cose sbagliate nonostante tutto, specialmente. Ma, almeno personalmente, ho trovato proprio questo aspetto il più interessante, nonché quello fondamentale.
Quanti di voi, anche anni e anni dopo la fine della scuola, mantengono rapporti con gli ex compagni?
Più si va avanti nella vita, più si diventa adulti, e più è difficile farsi nuovi amici. Da un lato perché letteralmente non va, dall’altro perché è difficile ricreare daccapo un clima di naturale confidenza. Quando si rivedono gli ex compagni, quelli con cui si è cresciuti, o formati nella fase più delicata della nostra formazione personale, si torna automaticamente al passato. Come se spingessimo un semplice interruttore nel nostro cervello, e il presente si congeli, o sparisca del tutto. Come se tornassimo in una fase animalesca perché siamo a nostro agio con qualcuno. Anzi, più che a nostro agio, con quel qualcuno non vogliamo parlare del difficile presente ma solo rilassarci e sparare ca**ate senza sosta. Possiamo essere adesso ingegneri rispettati, manager di successo, amministratori di aziende, avere 30, 40, 50 anni, ma quando siamo con gli ex compagni torniamo adolescenti.
Ciò vuol dire, ovviamente, ripetere il passato, ripetere gli scherzi, e purtroppo ripetere gli stessi errori di sempre. Certo, è fastidioso vedere personaggi sbagliare continuamente e volontariamente, andando contro la classica legge della narrazione tv che impone l’evoluzione dei caratteri. Ma ciò significa pure che la serie, coscientemente o meno questo è secondario, ha individuato, con estremo realismo e moltissima onestà, un punto fortemente empatico per gli spettatori.
E poi Compagni di Università fa ridere, cosa da non dimenticare per una comedy. Gli attori sono tutti bravi, a cominciare dal vulcanico Keegan-Michael Key, e la stagione scorre velocemente con 8 episodi da 30 minuti ciascuno. Una piccola serie insomma consigliata, sperando ci sia un seguito, soprattutto a coloro che hanno alle spalle già da diversi anni il tempo della scuola. Ma gli effetti collaterali della visione non possiamo certamente prevederli.
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Emanuele D’Aniello