Better Call Saul sta rapidamente diventando due show in uno. Ma la cosa incredibile è che entrambi sono di straordinaria qualità.
Come infatti evidenziato nello scorso episodio, le linee narrative si sono divise, e ancora di più in questa 3×04. Abbiamo da una parte le vicende di Jimmy/Saul, che pur essendo il protagonista hanno quasi meno spazio (qui Jimmy appare solo a metà puntata), e dall’altra l’espansione dell’universo del fresco rientrante Gus Fring, che fa saltare di gioia tutti i fans più accaniti di Breaking Bad.
L’unione tra i due mondi è Mike, il quale continua ad essere l’assoluto mattatore in ogni scena in cui appare.
Questi due show, le cui linee narrative però finiranno inevitabilmente per congiungersi prima o poi, sono davvero impeccabili.
Inutili a dirsi, Jimmy è il cuore emotivo dell’intera serie. La distruzione del rapporto col fratello, il dolore che ormai lo muove, e la voglia di rivalsa con Kim, unita alla curiosità di capire cosa i due stanno architettando, riempie di intensità ogni loro scena. Certo, aiuta il fatto che Chuck sia il vero villain della serie, e raramente la tv ci ha proposto un personaggio tanto odioso. Un disprezzo puramente umano, a cui quindi viene impedita ogni forma di empatia o commiserazione. Jimmy molto spesso non può essere giustificato, ma Chuck non può mai essere tollerato. In una scena pur senza violenza fisica, è durissimo per lo spettatore vedere Jimmy costretto a scusarsi col fratello. E digerire il momento.
La parabola umana di Jimmy è davvero la forza d’attrito che impedisce alla serie di abbracciare definitivamente in Breaking Bad. Vorremmo tanto vedere Jimmy trasformarsi finalmente in Saul Goodman, ma ormai siamo legati a questo Jimmy. Vogliamo vedere la sua rivincita, inutile negarlo, e quasi ci dispiace seguire la sua corruzione interiore.
E poi, appunto, c’è il Gus Show.
La gioia di rivedere un personaggi così magnifico è ancora tanta. La soddisfazione di godersi una recitazione di tale livello è davvero enorme. La cura dei dettagli della scena iniziale, in cui rivediamo vecchi personaggi e si richiamano certi momenti precisi di Breaking Bad, è stupefacente. Ma ciò che stupisce ancora di più è l’abilità degli sceneggiatori di riprendere un personaggio come Gus e piantarlo saldamente nel presente. Gus da sempre è qualcuno che, anche per ovvi motivi, ha enorme attenzione per la forma e le apparenze.
Vedendo la scena, ho immaginato la rabbia interiore di Gus quando la legittimità del suo fast food è stata minacciata. O meglio, l’apparenza di semplice business man. Però Gus raramente esplode, le sue reazioni sono sempre ragionate e calamite di nuove conseguenze. Qui infatti, oltre ad un nuovo eventuale piano con Mike, l’importante è ancora una volta salvaguardare la faccia, prima di tutto. Il discorso ai suoi impiegati è un misto di retorica politica, falsa empatia e bisogno di affermazione personale davvero sorprendente. “This is America” esclama Gus galvanizzando i suoi impiegati, e ha ragione: un posto nel quale la forma è spesso più importante della sostanza, un posto in cui tutti possono cogliere opportunità, inclusi i signori della droga.
Apparenze, culto della personalità, messicani, frontiere, decostruzione e ricostruzione del sogno americano….forse la serie sta strizzando l’occhio, sotto forma di chiara metafora, a qualcuno alla Casa Bianca?
Questa è l’America, dopotutto. Anzi, questa è la meravigliosa serialità tv americana. O meglio, questo è il sempre perfetto Better Call Saul.
.
Emanuele D’Aniello