Il 16 ottobre è uscito il nuovo singolo di Arya, Mad, una cantautrice cantautrice italo-venezuelana la cui musica spazia tra il neo soul, l’hip hop e l’RnB.
Mad è una canzone che ti entra in testa e da lì non esce. In una sola canzone Arya ha fuso insieme più sound. È questa fusione che ti fa innamorare di Mad, in particolar modo il ritornello. A me ricorda vagamente e a tratti Tightrope di Janelle Monáe.
Per curiosità ho ascoltato i due singoli precedenti presenti su Spotify. Si avvertiva già la grande capacità artistica di Arya e il nuovo singolo fa sentire che con lei è cresciuta la sua sicurezza.
Ho conosciuto Arya tramite il concerto di Ghemon a Roma e sono rimasta colpita dalla sua straordinaria voce che unita a quella di Wena e di Ghemon forma un terzetto sublime. Per questo quando è uscito il nuovo singolo di Arya mi sono precipitata ad ascoltarla.
In occasione del nuovo singolo di Arya ho pensato di intervistarla.
Le ho fatto anche qualche domanda sulla situazione particolare che la scena musicale sta vivendo da Marzo a causa del Coronavirus.
Com’è nata Mad?
Ho iniziato a scrivere Mad a gennaio di quest’anno. Era da poco uscito un brano di Kiana Ledé, una cantante americana che seguo da tempo, che si intitola “Mad at me”. Il brano mi ha colpito subito per la sua forza e la sua bounciness e ovviamente per il richiamo al riff di So Fresh and So Clean degli OutKast.
Ho chiesto al mio producer, Paziest, di provare a lavorare su un beat un po’ più cazzuto del solito perché ero così che mi sentivo, cazzuta, carica, pronta a dire le cose per quello che sono.
Una volta ascoltato il beat, ho scritto di getto la prima strofa e il ritornello. Ci ho messo un po’ di tempo a terminarlo, complice il passaggio da uno stato di “cazzutaggine” ad uno di apatia causa lockdown. Ma alla fine ho ritrovato quella fiamma che mi aveva accesso all’inizio.
Sarà seguita da altre canzoni o da un album/EP?
Sarà seguita da un EP, in uscita ad inizio 2021. Questi ultimi due anni sono stati fondamentali per la mia crescita artistica ma soprattutto personale. Queste canzoni trattano ciascuna un tema diverso con cui mi sono approcciata durante questa fase della mia vita. Ne sono davvero molto fiera.
Chi ha partecipato alla canzone o sta partecipando al progetto?
La squadra è sempre la stessa perché è così che ci piace lavorare. Atelier71, la mia etichetta e famiglia, nasce come collettivo quindi l’idea è proprio quella di crescere assieme. E poi squadra che vince si può allargare, ma non si cambia. Alla produzione abbiamo Dimitri “Paziest” Piccolillo e Alessio “Bongi” Buongiorno, la direzione artistica è di Idriss “Desperado Rain” Hannour, il mix e il master di Marco “Markio” Mantuano. Per questo singolo abbiamo deciso di fare anche un video, che è stato girato da Giuseppe “G.dot” Molinari al Metamorfosis Pro Studio a Milano.
Perché una canzone in inglese? Ti viene spontaneo scrivere in questa lingua piuttosto che in italiano?
Ho sempre scritto in inglese. Non tanto per pigrizia o vergogna di scrivere in italiano ma perché mi è sempre venuto estremamente naturale farlo, complice anche il fatto di ascoltare pressoché musica inglese o americana. Quando arrivo in un paese anglofono mi sento come se fossi finalmente a casa. Addirittura quando parlo da sola (e sì, succede più spesso di quanto vorrei), parlo in inglese. Quindi sì, è decisamente un meccanismo spontaneo.
Allo stesso tempo però sono consapevole del fatto che iniziare a scrivere in italiano sia un passo necessario. Fino a qualche tempo fa lo sentivo come un obbligo, una forzatura. Ad oggi mi sento più tranquilla ma devo ammettere che è ancora un meccanismo macchinoso, non fluido e naturale come scrivere in inglese.
Cosa pensi della situazione attuale della musica causa Covid? Ha influenzato anche i tuo progetti? E cosa pensi della realtà musicale e della scena indie di oggi? Ho letto che la canzone è contro il mondo del music business.
Tante mie date quest’estate sono saltate e ci sarebbe piaciuto promuovere Mad con i live perché l’amore del pubblico quando stai su un palco è la migliore ricompensa che ci sia per tutto il lavoro fatto. Ora come ora sono arrabbiata e sconfortata. Ancora una volta, è stato messo per iscritto quanto la cultura e l’arte in Italia siano relegate a scenografia di fondo. La situazione è drammatica per tutti. Avendo avuto la fortuna di girare quest’estate con Ghemon, posso confermare che il mondo dello spettacolo si è attenuto strettamente ai rigidi protocolli dettati dai vari DPCM. Ho testimoniato solo rispetto delle regole, delle distanze di sicurezza e tanta, tantissima voglia di tornare ad ascoltare musica dal vivo.
Ho percepito un bisogno, non solo di noi artisti, di ricominciare a nutrirsi di arte. La gente ne ha disperatamente bisogno.
Ho scritto Mad per tutte quelle volte in cui mi sono trovata a suonare in un locale senza spazio per i musicisti e senza impianto, per tutte quelle volte in cui mi è stata cancellata una data dieci giorni prima perché “Non potete venire senza batteria e senza basso? fanno troppo rumore”, per tutte quelle volte che “Sei davvero brava, la tua musica spacca, però non hai abbastanza followers”. Per tutte quelle volte che “Non abbiamo una data per il tuo progetto ma se fai un tributo a una diva del soul sicuramente uno spazio lo troviamo”, per tutte quelle volte che non vieni considerato perché non sei amico dell’amico dell’amico dell’amico, per tutte quelle volte che vieni considerato solo perché sei amico dell’amico dell’amico.
Il mondo della musica è molto più piccolo di quello che potrebbe essere perché in pochi si prendono il tempo di cercare davvero, tanti si limitano a prendere quello che gli viene dato. Alla fine della fiera tutti pensano di conoscerti solo perché sanno il tuo nome. Io però non ci sto.
Ambra Martino
Crediti immagine in evidenza: Ufficio Stampa Bizarre Love Triangles