#CantaCheTePassa oggi tocca un titolo fondamentale della poetica di Giuseppe Verdi, l’opera più lunga di tutto il suo catalogo: I vespri siciliani.
I vespri siciliani è un’opera lirica delle più lunghe tra quelle esistenti; quasi 5 ore di musica. Si tratta di una composizione mastodontica, con un’ouverture ed un balletto di 30 minuti nel terzo atto. L’opera ha debuttato a Parigi nella versione originale in francese dal titolo Les vêpres siciliennes all’Opéra di Parigi il 13 giugno 1855. Il componimento, su libretto di Eugène Scribe (il quale arrangiò il libretto scritto per Le duc d’Albe di Gaetano Donizetti) e Charles Duveyrier, andò in scena nella versione italiana di Arnaldo Fusinato il 26 dicembre 1855 a Parma con il titolo Giovanna di Guzman e poi, con un nuovo libretto rivisto da Enrico Caimi, andò in scena a Napoli come Batilde di Turenna. La storia narra, in maniera romanzata, delle vicende dei vespri siciliani nel 1282.
La trama
Siamo a Palermo nel 1282. Nella bella città, invasa dai francesi, passeggia la Duchessa Elena. Essa preme per l’indipendenza della Sicilia per poter vendicare suo fratello Federigo. In quel momento arrivano Arrigo, giovane siciliano, e il grande nemico Monforte. Egli offre ad Arrigo il comando dell’esercito francese, ma il giovane rifiuta con sdegno. In quel momento sbarca Giovanni da Procida, patriota siciliano, e si riunisce insieme ai suoi sodali, tra i quali Elena e Arrigo. Arrigo in quel momento si dichiara ad Elena. Essa però accetta, in cambio che Arrigo vendichi il suo amato fratello. In quel momento, dei soldati di Monforte rapiscono Arrigo. Procida e Elena promettono vendetta.
Ma il motivo di Monforte per il misfatto organizzato è un motivo più che reale: tramite una lettera ha scoperto di essere il padre di Arrigo. Tra i due vi è un dialogo intenso. Il giovane Arrigo è sconvolto. Durante una festa a palazzo, egli viene a sapere che la congiura contro Monforte sta per avverarsi ma riesce a fermare le spade.
Elena e Procida, delusi dal comportamento del giovane, vengono arrestati. Arrigo va allora in prigione e, per farsi perdonare dai due, rivela la verità. In quel momento giunge Monforte. Egli ricatta il figlio: li salverà dalla condanna solo se lo chiamerà padre. Arrigo sarà costretto a fare ciò, controvoglia, e Monforte organizza un matrimonio tra Arrigo e Elena. La ragazza è felice, ma è turbata dalla visita di Procida. Il patriota dice che la rivolta scoppierà durante il suono delle campane. Elena è spaventata a morte, vorrebbe far annullare il matrimonio. Arrigo non capisce il perché del rifiuto e, furioso, la costringe al matrimonio. Ma al suono dei bronzi sacri, la rivolta scoppia.
Lo stile
Nella musica de I vespri siciliani di Giuseppe Verdi si sente molto la luminosità spettacolare della terra siciliana. È una musica prorompente, trascinante, come testimoniato dalla celebre ouverture, oggi eseguita moltissimo singolarmente nei concerti, e dal celebre bolero di Elena Mercè, dilette amiche, ma anche grandiosa, apocalittica come nell’aria di Procida O tu Palermo. La partitura si presenta anche in tanti punti delicata, intima, come testimoniato dall’aria di Monforte In braccio alle dovizie. La parte più celebre è, dopo l’ouverture, il balletto del terzo atto delle quattro stagioni, e qui possiamo ascoltare la primavera. In genere Giuseppe Verdi non amava scrivere balletti, ma i grand-opéra francesi lo richiedevano.
Non sono molte le incisioni purtroppo, così come le rappresentazioni di questo capolavoro sono rare.
De I vespri siciliani vi è un’edizione in francese del 1969 molto buona con la BBC Symphony Orchestra and Chorus diretta da Mario Rossi con Jacqueline Brumaire (Elena), Jean Bonhomme (Arrigo), Neilson Taylor (Monforte) e Ayhan Baran (Procida). In italiano è meravigliosa l’edizione del 1973 diretta da James Levine con la New Philharmonia Orchestra e il John Alldis Choir con Martina Arroyo (Elena), Placido Domingo (Arrigo), Sherrill Milnes (Monforte) e Ruggero Raimondi (Procida).
Marco Rossi
(Foto di Roberto Ricci – Teatro dell’Opera di Parma)