La gioia del Concerto di Capodanno dal Teatro La Fenice di Venezia
Il Teatro La Fenice di Venezia ha organizzato un concerto di capodanno dedicato a Ludwig van Beethoven e brani tratti da famose opere liriche.
A molti questo concerto non piace, perché dicono che sembra una brutta copia di quello classico da Vienna. Io penso che ascoltare la musica non sia mai banale ed è per questo, che da quando lo hanno creato, cioè nel 2004, io ascolto sempre quando mi è possibile, insieme ovviamente a quello da Vienna, il Concerto di Capodanno dal Teatro La Fenice di Venezia.
Il concerto si presenta diviso in due parti: la prima è dedicata al grande repertorio sinfonico, la seconda a quello operistico. Purtroppo la RAI non trasmette la prima parte, e quindi non possiamo fare la recensione della Sinfonia n.7 in la maggiore op. 92 di Ludwig van Beethoven, che ha aperto l’edizione 2017. Un vero e proprio peccato, anche perché, a mio avviso, sin dalla prima note mi è sembrato il migliore dei concerti di capodanno veneziani che ho sentito.
Assegnerei la palma assoluta al direttore Fabio Luisi, gloria nazionale, che, come tutti i nostri pupilli, lavora molto all’estero, soprattutto al Met ma anche a Zurigo, dove è direttore musicale dell’Opernhaus, il quale ha fatto risplendere lo smalto dell’Orchestra ed il Coro del Teatro la Fenice (tutti quanti bravissimi) con accenti graffianti nel coro della Traviata Di Madride noi siamo mattadori, capolavoro verdiano assoluto, come nel Fuoco di Gioia dell’Otello del genio bussetano, ma anche la brillantezza e vivacità della spumeggiante ouverture dall’opera Un giorno di regno, sempre di Giuseppe Verdi.
Molto belli anche i momenti sinfonici con Benjamin Britten ed il suo Valzer e la Marcia dalle Matinées MUsicales, rielaborazioni di brani di Gioacchino Rossini. Il bis ormai solito del Va’ pensiero è stato il momento apicale, mentre nel Brindisi della Traviata, a dire il vero, vi era un poco di pesantezza, ma si tratta veramente di un peccato veniale.
Veniamo ai due solisti: il soprano era Rosa Feola, dotata di una bellissima voce e molto spirito. Dopo delle incertezze in Qui la voce sua soave e la seguente cabaletta Vien, diletto, è in ciel la luna da I puritani di Vincenzo Bellini, dove qualche nota non era intonata, mi è piaciuta molto la sua interpretazione sbarazzina ed ammaliante de Quel guardo il cavaliere, la cavatina di Norina dal Don Pasquale di Gaetano Donizetti, aria in cui il personaggio mette in luce le sue doti di seduttrice.
Lo stesso dicasi per il tenore John Osborn, da me sentito per ben quattro volte a Roma. Nella prima aria, Questa o quella dal Rigoletto di Giuseppe Verdi, la sua voce era troppo scura per rendere bene l’aspetto libertino del Duca di Mantova, mentre ci ha lasciato senza parola in Ah, mes amis da La fille du regiment di Donizetti, l’aria dei nove do di petto, lui ne ha aggiunti altri ed erano tutti luminosissimi ed il pubblico gli ha tributato un trionfo.
Vi erano delle coreografie molto interessanti con ballerini del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala di Milano.
Un grande successo, meritatissimo per tutti.
Marco Rossi
(La foto di copertina con il Maestro Fabio Luisi è di Barbara Luisi, la foto di Rosa Feola è di Todd Rosenberg e la foto di John Osborn è stata estratta dal sito Opera Online)