Scambi di energia e adrenalina al live dei Subsonica a Roma

concerti roma 2019
SUBSONICA Tour 8 Pala Alpitour Torino 15 Febbraio 2019

Il live Subsonica “8”, del tour di presentazione dell’ultimo album, è arrivato anche a Roma il 21 febbraio. Si confermano le capacità e popolarità della band torinese, dopo 23 anni di carriera.

Dal concerto romano dei Subsonica, lo scorso 21 febbraio, penso che il pubblico sia uscito con due conferme. La prima è che l’acustica del Palasport resta la peggiore per ascoltare un live dei Subsonica (almeno nella capitale). La seconda è che hanno ragione quelli di Rolling Stone: i Subsonica sono ancora la migliore band italiana, quando si tratta di live.

Questa eccellenza consente alla band di sopperire abbastanza alle imperfezioni del Palazzo dello Sport di Roma. Ciò, evidentemente, non solo grazie all’enorme energia ed esperienza live che i cinque hanno accumulato negli anni, ma grazie ai tecnici del suono di cui si avvalgono.

Certo, ad affermarlo è una fan della prima ora, che potreste anche non considerare sufficientemente attendibile e imparziale.

A sostegno, però, della mia opinione posso dire che di concerti dei Subsonica nei ho visti parecchi dal loro esordio. Il primo l’ho visto nel secolo scorso ormai: sarà stato non più tardi del 1997. Tante occasioni di ascolto live di questa band mi consente di dire che, anche a distanza di anni, l’energia che mettono nel concerto ha una forza di propagazione al pubblico incredibile. Non so quante band riescano a far ballare, saltare, “pogare” tanti quarantenni come fanno loro. Il pubblico, infatti, è eterogeneo per età e questo è sicuramente un ottimo indice di popolarità, nonostante gli ultimi album non siano stati salutati con lo stesso entusiasmo dei primi.

I Subsonica ci hanno sempre abituato ad una sana ironia su tutti questi punti.

In “Benzina Ogoshi” (unica canzone dell’album “Eden” cantata al concerto di Roma) si parla di aspettative altrui disattese, facendo esplicito riferimento a ciò che più spesso viene loro rimproverato: non essere riusciti a bissare “Microchip emozionale”.

Durante il concerto, prima Samuel (cantante e front man), poi Max Casacci (chitarrista, produttore e fondatore) scherzano su quanto trovino in forma il loro pubblico, capace di reagire con tanto entusiasmo agli stimoli sonori e visivi che vengono dal palco e su quanto l’energia di cui il gruppo ha bisogno per reggere due ore e mezza di live, in realtà, provenga dal pubblico stesso.

Questo scambio di energia giovedì sera si è avvertito fin dall’inizio. I cinque Subsonica appaiono sul palco, appena si sistemano i 10 schermi, due per ciascun musicista su cui vedremo proiettate soprattutto le loro immagini di ognuno di loro riprese durante lo show.

Apre, prevedibilmente, “Bottiglie rotte”, la hit che ha presentato l’album “8” che dà il titolo al tour. Una canzone che sprigiona la propria potenza molto meglio dal vivo, che nella registrazione in studio.

Seguono tre classici del repertorio: la mitica “Discolabirinto”, “Up patriots to arms” (tributo al Maestro Franco Battiato),“Nuova ossessione”.

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A questo punto, il Palasport è ormai una discoteca. D’altronde, se Samuel urla: “Saltate”, sembra che tutti pensino: “Quanto alto?”.

Si deve mantenere il ritmo, ma si devono anche omaggiare le canzoni di “8”. E la scelta è azzeccata, perché ricade su “Jolly Roger”, che acquista anch’essa forza rispetto alla versione in studio.

Si continua a ballare per un po’, all’insegna di un concetto che – a giudicare dai testi – sembra molto caro ai Subsonica: libertà. E non solo perché non può mancare un brano come “Liberi tutti”, ma anche perché ci si esalta con la ribellione de “L’onda”.

Quando arriva la prima ballata – che fa riprendere fiato da tanto saltare – è “Creep” dei Radiohead, che fa da apripista a “La bontà” e  “Respirare” dal nuovo album.

Ma la fase soft non può che essere breve. La presentazione di “8” continua con “Cieli in fiamme” e il suo verso al vetriolo “non so come smettere di torturare il nostro piccolo amore”.

Il clou dello show si ha quando i Subsonica vengono raggiunti da Willie Peyote per cantare “L’incubo” prodotto insieme per l’ultimo album. Una grande occasione per il rapper piemontese, che realizza un sogno, suonando con coloro che tanto hanno influito sulla sua formazione musicale. Ci racconta di quanto sia stato fulminato – quanto lo capisco! – da uno dei primi brani dell’album omonimo d’esordio dei Subsonica. La sua sarà una bella performance di “Radioestensioni”, canzone poco suonata dal vivo dal gruppo torinese.

Da questo momento in poi si succedono almeno tre dei momenti più emozionanti.

Il primo è la performance del brano forse più cupo del repertorio, “La glaciazione”: la descrizione di un momento apocalittico che culmina nell’avvertimento che “questo vuoto esploderà” prima o poi, non si deve disperare, anche se il nulla è assordante.

Il momento più toccante lo introduce Max Casacci, per ringraziare ed omaggiare Carlo Umberto Rossi, produttore e musicista importantissimo nel percorso della band, scomparso prematuramente. A lui è dedicata la bellissima “Le onde”, in cui ci si interroga su dove andiamo dopo la morte e si constata che non ci sono le istruzioni per non avere più, qui, qualcuno che se ne è andato per sempre.

Infine, il momento che precede i saluti non può che accontentare gli irriducibili, denso di pietre miliari, con tema l’amore in tutte le sue diverse fasi, come “Il cielo su Torino”, “Strade” e “Tutti i miei sbagli”. Ce lo ricorda anche Samuel che quest’ultima è stato il primo e unico esperimento dei Subsonica al Festival di Sanremo. La presenta anche in puro stile sanremese.

Mi viene in mente che questo brano incarna un tòpos di Sanremo: la tipica canzone che non vince, magari va in fondo alla classica, per poi diventare un caposaldo della carriera dell’artista che l’ha presentata.

Se siete arrivati in fondo a leggere, forse è perché amate i Subsonica. Quindi, vi farà piacere sapere che il tuor “8” continuerà questa estate, almeno a quanto annunciato alla fine del live di Roma.

Stefania Fiducia

Fotografie di Pasquale Modica

Splendida quarantenne aspirante alla leggerezza pensosa. Giurista per antica passione, avvocatessa per destino, combatto la noia e cerco la bellezza nei film, nella musica e in ogni altra forma d'arte.

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