Il diario di Virginia Woolf sembra un romanzo di Jane Austen

Virginia Woolf, diari volume 1 recensione bompiani

La mastodontica impresa di Giovanna Granato riporta in vita, per i tipi di Bompiani, “uno dei diari più importanti al mondo” per dirla con le parole del biografo Quentin Bell, nipote di Virginia Woolf.

I diari in italiano: recensione del volume 1 (1915-1919)

La scrittrice torna in vita grazie alla pubblicazione di cinque libri, i suoi diari, per la prima volta tradotti interamente in italiano. La prima uscita è quella dedicata agli anni 1915-1919. Virginia Woolf ha trentatré anni quando inizia questo stranissimo diario, che si interrompe poco dopo per poi riprendere nel 1917, a causa di un crollo nervoso della scrittrice.

Da questa prima informazione inizia la mia analisi del primo diario. Nessuna menzione, nel testo, al suddetto crollo. Nessuna menzione significativa neppure sulla guerra. Il diario inizia, si arresta e poi riprende. Le pagine scritte da Virginia sono un resoconto delle giornate, che molto spesso ricordano i salotti vittoriani. Tè, pranzi, passeggiate, incontri. Non mancano commenti velenosi della scrittrice sulle persone che incontra: leggendo sembra quasi di trovarsi a uno di quei tavolini da tè in una sala gremita da signore di buona famiglia.

L’esercizio di una scrittrice

Il diario sembra un esercizio: una pagina bianca su cui annotare quotidianamente quello che l’occhio vede, e non mi stupirei di ritrovare qualche frase in opere della Woolf più “letterarie” e famose. Nel resoconto vengono incluse le discussioni col marito, anch’esse descritte analiticamente, senza emozioni.

Insomma, diari ne abbiamo scritti tanti, io per prima. Solitamente si tratta di una forma cartacea di sfogo della propria vita emotiva. In queste pagine non traspare nulla, ed è proprio questo a renderle così intriganti: la loro natura è totalmente opposta a quella di luogo adibito a sfogo personale. Devo dunque supporre che il diario di una scrittrice possa riservare anche questo tipo di sorprese, a maggior ragione se l’autrice in questione è una di quelle che a livello emotivo ha sofferto parecchio. Anzi, l’ipersensibilità potrebbe essere proprio uno dei motivi per cui il diario è piuttosto un registro: scrivere la realtà intorno è uno dei modi migliori per agganciarsi alla realtà, specialmente nei momenti più ansiogeni.

Mario Fortunato, nella bella introduzione che precede il testo, definisce lo stile di questo diario come “la scrittura stessa che guarda la vita“. E di fatto quello che può fare un lettore è lasciarsi totalmente sopraffare dalla vita come la racconta Virginia Woolf, che ci consegna le chiavi della quotidianità di una scrittrice ottocentesca tra conferenze, giri in biblioteca e scrittura compulsiva, ma anche tra passeggiate a raccogliere i funghi, camminate col cane, e confessioni oneste, tipo “non ho nulla di nulla da dire“. Una frase che, a pensarci bene, sembra quasi una giustificazione (verso sé stessa o i lettori?) di fronte all’incapacità di usare un diario come un diario. Del resto, nessuno di noi avrebbe mai scritto una cosa del genere nella propria agenda, luogo di sfogo al bisogno, dove non serve scusarsi.

Alessia Pizzi

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Alessia Pizzi
Laurea in Filologia Classica con specializzazione in studi di genere a Oxford, Giornalista Pubblicista, Consulente di Digital Marketing, ma soprattutto fondatrice di CulturaMente: sito nato per passione condivisa con una squadra meravigliosa che cresce (e mi fa crescere) ogni giorno!
virginia-woolf-diari-volume-1-recensioneIl primo volume dei "Diari" di Virginia Woolf tradotti in italiano è una fantastica occasione per guardare il mondo con gli occhi della scrittrice: non aspettatevi sfoghi emotivi, però. L'esercizio di scrittura è lucido è vi conduce in una quotidianità fatta di tè, cene e passeggiate.

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