Sopravvivi all’amore è il terzo volume dei Saggi di Montaigne, dopo Coltiva l’imperfezione e La fame di Venere, editi tutti da Fazi Editore.
Una sfilata di personaggi storici e aneddoti aiutano il filosofo a raccontarci la sua visione della vita nella raccolta di saggi curata da Federico Ferraguto. In realtà i testi non si rivolgono esclusivamente all’amore romantico, come il titolo potrebbe indurre a credere, bensì scandagliano le acque dell’esistenza in toto, proponendo una serie di interessanti riflessioni su come conduciamo le nostre esistenze.
Sentiamo che qualsiasi cosa conosciamo o per la
quale proviamo piacere non ci soddisfa. Aneliamo alle cose
future e ignote, visto che quelle presenti non ci saziano.
Secondo me non è perché non sono sufficienti a saziarci,
ma perché le percepiamo in maniera malsana e sregolate
Dalle parole dello scrittore emerge una forte e saggia necessità di disidentificare l’uomo dalle maschere che si affibbia per seguire un modello, azione che necessariamente conduce all’infelicità a causa della fissità innaturale del ruolo. Vige la regola dell’insicurezza e dell’indefinizione, predominano i contrari, ma soprattutto si riesce a guardare al difetto come a qualcosa di assolutamente necessario.
Se qualcuno avesse prescritto e stabilito nella sua
mente leggi e regole sicure, la sua vita brillerebbe di abitudini
costanti, in un ordine e in una relazione infallibile
tra una cosa e l’altra.
Non c’è nulla che metta in difficoltà l’equilibrio quanto emozioni negative come la tristezza e la collera.
Tutte sensazioni che l’essere umano si impegna a scacciare il più velocemente possibile, perché sono dolorose e sfuggono al controllo. Non si accorge, invece, che proprio nel dolore si gettano via le false identità, si comprendono meglio le esigenze più intime e in qualche modo ci si disintossica dai luoghi comuni, scoprendo nuove parti di sé.
Come sopravvivere quindi alle passioni della vita, positive o negative che siano?
Con lo sguardo di chi sa che sono parte dell’essere vivi e che forse tante risposte non esistono. L’importante sembrerebbe far cadere la maschera, dimenticare chi siamo, perché in realtà possiamo essere molto diversi dall’idea che ci siamo fatti di noi stessi.
I contrari mi appartengono, per qualche verso
o in qualche modo. Timido e insolente, casto e lussurioso,
chiacchierone e taciturno, laborioso e indolente, ingegnoso
e stupido, stizzoso e bonario, bugiardo e sincero, dotto
e ignorante, liberale e avaro e prodigo. In me c’è tutto
questo. Dipende da come mi gira. E chiunque osserva
molto attentamente trova in sé, addirittura in uno stesso
giudizio, questa volubilità e discordanza.
Su di me non posso dire assolutamente niente di semplice
o solido senza confondere e mischiare tutto. Non
riesco a esprimermi in una sola parola. Distinguo è l’elemento
più universale della mia logica.
Ancora oggi le parole di Montaigne possono essere facilmente applicate alla vita quotidiana. In un momento di sofferenza, a differenza di quanto affermano i sostenitori del “pensiero positivo”, dobbiamo soffrire, dobbiamo supportare la nostra evoluzione, ma soprattutto accettare che qualcosa come l’essenza della vita sia davvero difficile da afferrare nella sua totalità.
Alessia Pizzi