Il cavaliere che aveva un peso sul cuore è una favola psicologica scritta da Marcia Grad Powers, autrice del noto bestseller La principessa che credeva nelle favole.
Entrambi i testi, sebbene sembrino rivolgersi l’uno ai cavalieri l’altro alle dame, sono letture imprescindibili per tutti e due i sessi. Questo perché, attraverso gufi magici, draghi sputa fiamme e uccellini parlanti, rivelano a uomini e donne i processi mentali che li fanno soffrire nel rapporto con se stessi e con gli altri. Se le protagoniste de La principessa che credeva nelle favole sono le illusioni nelle relazioni (illusioni, che preciso, invadono anche il campo d’azione maschile quando l’uomo tende a incolpare la compagna di non amarlo abbastanza solo perché quest’ultima tende a seguire le proprie inclinazioni naturali), la primadonna de Il cavaliere che aveva un peso sul cuore è sicuramente la rigidità mentale.
Ragionare per schemi ci induce a vivere incastonati nei ruoli. Questa maschera di forza (sono miglior*, sono forte) non solo nuoce la nostra emotività e quindi all’evoluzione della nostra vera identità, ma anche al rapporto con gli altri, che vengono puntualmente giudicati e biasimati quando non seguono un determinato tipo di comportamento. Tale atteggiamento chiaramente genera frustrazione nelle persone che ci stanno accanto e che puntualmente ci abbandonano. Infatti il peso sul cuore che affligge Duke viene interpretato dal cavaliere senza macchia come frutto delle cattiverie di chi l’ha abbandonato.
Il problema di Duke è che non si è mai messo in discussione, non ha mai accettato la vera natura degli altri, né ascoltato le loro esigenze. Come quando la moglie gli fa notare che non hanno dialogo e lui le risponde mostrando i muscoli, o quando il figlio afferma di non voler diventare un cacciatore di draghi e lui dà di matto.
Il cavaliere ragiona seguendo un filone di pensieri irrazionali e contorti che si gonfiano fino a distruggerlo. Ad aiutarlo entreranno in gioco il saggio Gufo Doc e la dolce uccellina Maxine, che lo accompagneranno in un grande viaggio di cambiamento per raggiungere una consapevolezza universale.
Bisogna avere il coraggio di accettare ciò che non si può cambiare, quello di cambiare ciò che si può cambiare e la saggezza di riconoscere queste due situazioni. Sembrano discorsi banali, ma quante volte ci logoriamo per un addio, una perdita, incolpando gli altri? Quante volte, quando veniamo feriti, non valutiamo la situazione da punti di vista differenti dal nostro? Quante volte abbiamo attraversato il regno di Tetraggine, sentendoci una nullità perché non abbiamo il lavoro dei nostri sogni o non ci sentiamo davvero apprezzati? Come giudichiamo gli altri secondo gli schemi, giudichiamo molto severamente anche noi stessi e quindi il nostro cuore soffre nella gabbia.
La verità è che nessuno è “senza macchia” e che il nostro valore dipende esclusivamente dal fatto esistiamo e siamo in continuo mutamento, e non dal fatto che una cosa ci riesca più o meno bene.
Ci sono alcuni strumenti magici da portare con noi durante il viaggio del cambiamento, come il bastoncino dei pensieri lineari e l’acqua dell’Oh bene!, ma il primo su tutti è la consapevolezza che siamo responsabili di quello che ci accade. Il che non significa essere colpevoli, ma prendere atto con maturità che l’Universo non combutta contro di noi, anzi! È sempre pronto a darci una mano nel momento in cui realizziamo la nostra fallibilità, la accettiamo e intraprendiamo un percorso di serenità interiore che prescinde da tutte le cose che secondo noi sono andate o stanno andando storte.
Consiglio questo libro a tutti: l’ho letto due volte a distanza di 10 anni e l’ho trovato sempre di estremo aiuto per ritrovare un po’ di pace mentale e gestire lo stresso emotivo.
Alessia Pizzi
Trovo davvero sciocco e controproducente il libro, che sto ora leggendo, regalatomi da un amico che pensava si trattasse di ben altro, La principessa che credeva nelle favole. L’autrice banalizza tutti gli studi e il lavoro di psichiatri e psicanalisti. Non si può parlare della mente umana e della psiche, dei loro processi, in modo così sciocco. Pensa davvero l’autrice che i suoi (non ho ancora finito il libro, ma, e senza presunzione, immagino già quali siano i consigli che giungeranno alla fine) consigli abbiano fondamenti medici e scientifici?
Non sa forse l’autrice, che è ahimè psicologa, che, soprattutto quando si fa psicanalisi, si ha sempre di fronte a se una persona con un suo vissuto che è soli suo e che quindi non ci si affida ad un manualetto per trovare la soluzione al problema?
Ciao Stefania, non sono affatto d’accordo. A differenza di manuali ridicoli tipo “come essere felici in 5 mosse”, questa autrice mette in risalto le dinamiche psicologiche di genere in chiave allegorica e comprensibile a tutti, evidenziandole sia nella principessa che nel cavaliere: si tratta di atteggiamenti spesso sottovalutati ma soprattutto non compresi nei rapporti di coppia. Ho consigliato i suoi libri a tutti e li rileggo a distanza di anni.