Il Canaro della Magliana. Una storia spaventosamente letteraria

Il Canaro della Magliana di Massimo Lugli e Antonio Del Greco, oltre a riportare alla ribalta uno dei fatti più cruenti del secolo scorso, permette di conoscere una Roma che non esiste più.

«Non aveva più un nome. Non aveva sesso. Non aveva faccia. Non era più niente.»
Tranquilli non si tratta dell’incipit di un libro di Stephen King, tantomeno della descrizione di un film splatter.

Ma solo del prologo di un libro tutto da leggere: Il Canaro della Magliana. Il romanzo.

Scritto da Massimo Lugli e Antonio Del Greco, questo libro, edito da Newton Compton, racconta uno dei più atroci fatti di cronaca nera, seppur in forma romanzata.

Roma, 19 febbraio 1988.

In via Giuseppe Belluzzo, un’anonima strada di periferia, viene ritrovato in una discarica un corpo carbonizzato.
Non è solo un cadavere bruciato, ma un uomo orribilmente torturato.
Le ricerche cominciano immediatamente, concentrandosi su più piste.
Si pensa a un regolamento di conti fra bande rivali, magari della famigerata Banda della Magliana; si ipotizza la firma della mafia, perfino quella della Ndrangheta, ma nulla viene fuori.
L’inchiesta annaspa fra mancanza di prove, anche di semplici indizi e l’assoluta omertà di un quartiere totalmente silente.

In quell’inizio di anno bisestile, quel fatto scuote a fondo la Capitale.

Il Canaro della Magliana ha il merito di descrivere perfettamente la Roma di fine anni Ottanta e una delle sue periferie, quinta di quell’efferato assassinio.
Merito di una straordinaria coppia di scrittori.
Da una parte Massimo Lugli, una delle più prestigiose penne di cronaca nera, storico inviato di “La Repubblica”; già autore, per Newton Compton, di successi quali L’istinto del lupo, finalista al Premio Strega; La strada dei delitti, Ossessione proibita e Nelmondodimezzo. Il romanzo di Mafia capitale.
Dall’altra Antonio Del Greco, per anni dirigente della Sezioni Omicidi della Polizia di Stato.

Un poliziotto vero che si occupò personalmente dei più celebri fatti di cronaca nera.

Oltre a quella del Canaro, contribuì alla cattura di Johnny lo Zingaro, indagando anche sul delitto di via Poma e sulla Banda della Magliana.
Un connubio efficace e già apprezzato con la biografia Città a mano armata, che regala ai lettori una storia vera, un atroce omicidio che recentemente ha anche ispirato Dogman, il bel film di Matteo Garrone.

Attraverso le pagine di questo libro si ritrova un pezzo di un’Italia e di una Roma che non esistono più.

Si setacciano, nelle pieghe di questo bel romanzo, luoghi lontani, periferie impenetrabili.

Si odono linguaggi indecifrabili, e si fa conoscenza con personaggi a metà strada fra il drammatico e il grottesco, che tanto sarebbero piaciuti a Pasolini.
Il Canaro della Magliana permette non solo di ritrovare una città sparita ma anche di conoscere le modalità investigative delle nostre forze dell’ordine.

In anni in cui non esisteva la prova del DNA e tanti altri strumenti tecnologici, la verità veniva alla luce spesso solo grazie all’istinto e alla straordinaria capacità di grandi poliziotti, capaci di conoscere il delitto e gli assassini in ogni loro declinazione.

E Antonio Del Greco era uno di questi.

Non stupisca che un fatto di cronaca possa trasformarsi in un ottimo romanzo.

D’altra parte, la vicenda reale del Canaro, come ha ricordato più volte Massimo Lugli, «è una storia spaventosamente letteraria» che ricorda da vicino un celebre racconto di Edgar Allan Poe, Il Barile d’Amontillado.
In quel breve scritto il grande scrittore americano narra l’atroce vendetta di Montresor ai danni di Fortunato, un nobile italiano suo amico, non proprio nomen omen. Il tutto consumato in una notte di carnevale, quando lo sventurato, ubriaco e vestito da giullare, verrà murato vivo dal suo carnefice e lasciato morire di fame e di sete.

Il merito dei due narratori è quello di non cadere mai nel truculento, nel macabro, nonostante la storia reale sia ricca di aspetti raccapriccianti, ma di dipingere sfumature letterarie.

Accanto all’inchiesta, che porta a scoprire non solo il volto della vittima ma anche quella del suo carnefice, si affianca la tenera e impossibile storia d’amore fra una “sbirra” e un ladruncolo.

Il Canaro della Magliana è la dimostrazione che si può raccontare la cronaca nera, anche quella più efferata, tenendo sempre il timone a dritta, direzione letteratura.

Il libro piace per la sua capacità descrittiva, per i diversi piani narrativi, per la struttura dei personaggi, specie quelli minori.

Ma più di tutto colpisce il sapersi destreggiare degli autori fra i differenti linguaggi, che descrivono perfettamente la realtà di quegli anni.

In questo lembo d’estate, il romanzo di Lugli e Del Greco è una lettura ideale per colorare di noir le nostre serate che non vogliono ancora cedere all’incipiente arrivo dell’autunno.

Maurizio Carvigno

Nato l'8 aprile del 1974 a Roma, ha conseguito la maturità classica nel 1992 e la laurea in Lettere Moderne nel 1998 presso l'Università "La Sapienza" di Roma con 110 e lode. Ha collaborato con alcuni giornali locali e siti. Collabora con il sito www.passaggilenti.com

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