Protagonista di questa settimana è una delle eroine più tormentate del mito cretese, Fedra.
Il dramma tra gli autori: non solo Euripide e Seneca
Figlia di Pasifae, sorella della più nota Arianna (quella del filo, per intenderci), Fedra viene colpita da uno dei mal d’amore più pericolosi di sempre, quello per il proprio figliastro Ippolito, che non disprezza solo lei, ma tutte le donne, in nome del culto di Artemide. Il figlio di Teseo pagherà molto cara la propria misoginia, ma ci lascia spunti davvero interessanti sulla concezione della donna nell’antichità.
In questa storia, infatti, possiamo trovare vari elementi: oltre alla sintomatologia dell’amore che Euripide mette in primo piano nelle lucide analisi della sua eroina, uno dei punti focali è proprio la misoginia di Ippolito che ben riflette gli stereotipi di genere in auge durante l’età classica.
La lezione di Fedra: in amore tutto è lecito?
Il mito di Fedra, diventato famoso col tragediografo ateniese, conquisterà anche i secoli successivi, diventando protagonista anche della penna di Seneca, di Racine e di D’Annunzio.
Il messaggio, ad ogni modo, persiste e sottolinea la pericolosità dell’amore e la scissione che genera nell’animo umano. Fedra, come Didone, alla fine si suiciderà per preservare il suo buon nome, sempre secondo i canoni della società della vergogna, che prevedono per le donne una pudicizia irriducibile.
Ecco una delle frasi più belle tratte dall’Ippolito di Euripide.
Ecco il significato del mito di Fedra raccontato in 10 minuti!
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Alessia Pizzi