Lo Short Lab è pronto a dare inizio alla sua terza edizione.
Dal 27 febbraio al 25 marzo 2018, si alterneranno sul palco del Teatro Cometa Off di Roma più di 60 spettacoli tra corti e monologhi. Ogni sera si esibiranno 4 monologhi e 3 corti. I voti del pubblico e della giuria decreteranno la selezione dei 18 monologhi e 10 semifinalisti. Nell’ultimo week end della rassegna, il 24 e il 25 marzo andranno in scena i 6 monologhi e i 4 corti teatrali finalisti che si contenderanno il titolo di vincitore. Una vetrina prestigiosa per un centinaio di professionisti o aspiranti tali. In occasione di questa rassegna teatrale, abbiamo avuto il piacere di parlare con Massimiliano Bruno: un’opportunità per conoscere non solo il Direttore Artistico dello Short Lab; ma anche uno degli sceneggiatori e registi italiani più produttivi nel nostro Paese, in campo cinematografico, televisivo e, soprattutto, teatrale.
Com’è nata l’idea dello Short Lab?
Short Lab nasce da un’idea avuta insieme a Gianni Curzi, Susan El Sawi e Daniele Coscarella con lo scopo di far avere una vetrina per giovani autori, attori e registi. Inizialmente siamo partiti dai miei laboratori teatrali, poi abbiamo esteso a tutte le compagnie italiane: abbiamo la soddisfazione di avere gruppi dal nord al sud Italia, che hanno la possibilità di avere visibilità e partecipare ad un concorso dove una volta tanto si vince del denaro e non una targa.
Parlando in linea generale ovviamente, quali sono le tematiche più affrontate in questi corti, comprendendo anche quelle non selezionate? Cosa vuole raccontare al pubblico il mondo degli attori?
Noi non abbiamo voluto circoscrivere la creatività ad un genere. Abbiamo cercato di selezionare qualsiasi cosa riguardasse sia la commedia che il dramma o il teatro sperimentale. Un po’ come avviene in altri festival: cerchiamo di proporre corti e monologhi che abbiamo varietà. Si pensi all’anno scorso: vinse un monologo divertente, genere commedia; mentre il secondo classificato è stato sicuramente sperimentale e assolutamente vivo. Lo stesso per i corti. Si passa da spettacoli dal sapore di commedia a sperimentali, politici, sociali, drammatici. L’anno scorso abbiamo avuto, come tematiche, dall’amore fra uomo e donna alla morte di Cucchi. Non ci diamo dei limiti da questo punto di vista.
Sicuramente, invece, abbiamo messo dei paletti dal punto di vista della qualità. Abbiamo preteso la lettura del testo, il curriculum degli attori, del regista e dell’autore in modo da farci un’idea sulla proposta. Quest’anno abbiamo messo in più la possibilità di allegare un video, dove il capo-progetto potesse presentare l’idea. In molti casi è stato vitale perché spiegavano, in qualche modo, la messa in scena.
Cosa significano, per Massimiliano Bruno, queste tre parole: ‘selezionare’, ‘dirigere’ e ‘recitare’.
Dirigere è disegnare un proprio sogno: dà modo alla creatività di uscire fuori ed è estremamente divertente. Recitare è un bel passatempo, che faccio spesso nei film per gli amici o quando mi chiama qualcuno: non è più un ‘primo lavoro’. Selezionare dei progetti, secondo me, è una cosa doverosa che deve fare chi, come me, è arrivato a determinati livelli, per dare ai più giovani la possibilità che hanno dato a me quando avevo vent’anni.
Lei ha frequentato, nella sua carriera, tanto il teatro quanto il cinema e la televisione. Non credo ci sia un preferito: sarebbe come chiedere a quale genitore si vuole più bene. Bansandosi, però, sulla propria esperienza, cosa possono imparare oggi gli attori esordienti da questi mondi?
Dal teatro si può imparare la disciplina, il farsi le ossa e il farsi crescere il ‘pelo sullo stomaco’ perché lo scambio di energie con il pubblico dal vivo è qualcosa di impagabile: rimane la mia disciplina preferita. Col cinema si può ragionare per figure. Si possono creare delle immagini che possono rimanere come dipinti per sempre: è un modo per arrivare a più persone possibili. La televisione è un buon modo per guadagnare denaro.
Francesco Fario