“La cassoeula migliore è quella che mangi a casa tua”
Ho sentito pronunciare questa frase tante volte mangiando cassoeula. A casa, da amici, spesso anche al ristorante.
Probabilmente questo modo di dire è nato a causa delle mille teorie sull’origine storica, etimologica e gastronomica di questo piatto.
La cassoeula, o cassoeura in dialetto monzese, o ancora cazzuola in dialetto canturino, è un tipico piatto della tradizione popolare lombarda. Se ne trovano tracce già nel XV secondo, nel “Llibre del Coch” dello spagnolo Ruperto da Nola.
Ma la prima ricetta vera e propria è ne “Il cuoco senza pretese” di Odescalchi del 1826.
Sulle origini della cassoeula ci sono varie teorie.
C’è chi la riporta al culto popolare di San’Antonio abate, protettore degli animali domestici.
Questo santo viene festeggiato il 17 gennaio, data che indicava la fine delle macellazioni dei maiali e anche il momento migliore per consumare la verza: dopo le prime gelate invernali.
Un’altra leggenda, invece, riporta l’origine di questo piatto alla dominazione spagnola di Milano alla fine del Cinquecento.
Si racconta di un soldato spagnolo, innamorato di una giovane milanese che faceva la cuoca per una nobile famiglia. La ragazza, in difficoltà perché al momento di preparare una cena importante si accorse che la dispensa era vuota, gli chiese aiuto. Lui le insegnò la preparazione della cassoeula con i pochi ingredienti disponibili e così ne conquistò il cuore.
E c’è addirittura chi attribuisce a questo piatto origini celtiche. Durante la festa di Samonios, ai primi di Novembre, in cui si segnava l’incontro tra vita terrene e celeste, veniva infatti consumato un piatto molto simile fatto sempre con verza e maiale.
Anche il nome cassoeula ha origini dibattute.
Casseou come il cucchiaio con cui si mescola in dialetto milanese.
Casseruola, come la pentola in cui si prepara.
Cazzuola, come l’arnese con cui i cantieri edili la mescolavano quando l’edificio a cui stavano lavorando aveva ormai raggiunto il tetto.
Ma anche il francese potage, o il celtico boach, o lo spagnolo qasūla…
Persino sulla composizione della cassoeula non c’è una versione univoca.
In provincia di Como non si mettono i piedini di maiale, ma solo la testa. Nel varesotto si aggiungo i verzini.
Solo le costine, per la versione pavese. Nel bergamasco, invece, la cassoeula si fa più asciutta. E che dire della versione del novarese che prevede addirittura con la carne d’oca.
E piatti simili alla nostra cassoeula si trovano anche in Europa: le potée francesi, la choucrute alsaziana, i sauerkraut tedeschi e il bigos polacco.
Se ti sei ingolosito, o anche solo incuriosito questo è il momento perfetto per provare la cassoeula.
Dal 17 gennaio al 17 marzo, nella zona di Como, si svolge il 7° Festival de la Cazoeula.
Sono ben quaranta i ristoranti che gareggiano per aggiudicarsi il trofeo “Cazoueula d’Oro 2019”!
Io, personalmente, ho sperimentato la versione raffinata ed elegante proposta dal “Ristorante Grillo” di Capiago Intimiano.
Il dettaglio vincente?
Il bicchiere di grappa da consumare prima o dopo aver gustato il piatto per “agevolarne” la digestione!
Valeria Farina