L’arte (non) fruita ai tempi del Coronavirus: Subiaco e i suoi monasteri

Subiaco monastero santa scolastica

In questo momento difficile a cui il Covid-19 ci sta costringendo l’arte è uno strumento per distrarci.

Visitare i monasteri benedettini di Subiaco immersi nella natura e nel silenzio, nonostante tutte le restrizioni imposte al loro interno, è stata comunque un’esperienza unica.

Il borgo di Subiaco ha una storia antichissima: Nerone vi costruì lungo le sponde dell’Aniene la sua villa. Ma questo borgo è noto soprattutto per i suoi splendidi monasteri che rispettano la regola dettata da san Benedetto da Norcia.

Distante pochi chilometri da Roma, Subiaco si presenta come un interessante borgo che sorge su una rocca che domina una vallata dei monti Simbruini. Inserito fra i Borghi più Belli d’Italia è una piacevole tappa per una passeggiata.

L’attrattiva più interessante di Subiaco però si trova fuori dal centro abitato. Si tratta dei suoi due monasteri: Santa Scolastica e San Benedetto (noto anche col nome di Sacro Speco).

Santa Scolastica

Il monastero dedicato a Santa Scolastica, la gemella di san Benedetto, fu fondato intorno al 520 ed è il più antico monastero benedettino, il primo sorto a Subiaco. Seguito da quello di Montecassino, è uno dei dodici monasteri edificati da san Benedetto da Norcia.

Inizialmente dedicato a san Silvestro, venne in seguito dedicato a Scolastica e Benedetto, e in un momento più tardo alla sola santa.

La scritta Ora et Labora, notissimo motto benedettino, campeggia sopra il portone di ingresso al monastero. Un corridoio conduce al chiostro Rinascimentale dove dei giovani volontari accompagnano i visitatori alla scoperta degli ambienti del monastero.

Al centro del chiostro, edificato dal 1580, una moderna statua in bronzo di santa Scolastica ci dà il benvenuto. Al piano superiore delle ali del chiostro insistono gli ambienti del monastero riservato ai monaci.

Pochi passi separano il chiostro Rinascimentale dal secondo chiostro realizzato fra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo: il chiostro Gotico. Così denominato a causa della presenza di archi a sesto acuto poggianti su robusti pilastri. Esso presenta una forma irregolare, a sei lati, e forse qui era situato il primitivo ingresso al monastero.

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Al centro del chiostro, immerso fra piante, fiori e siepi, è stato realizzato un pozzo con marmi di recupero romani. Altri reperti provenienti dalle antiche chiese del monastero e dalla vicina villa di Nerone sono visibili nei corridoi.

Non tutti gli archi sono gotici però…

L’arco Flamboyant

Il pezzo forte di questo ambiente è infatti  un arco Flamboyant del 1400. Il suo profilo “a chiglia” è una novità in Italia, risultando tipico invece nella penisola iberica, dove era giunto mediante la dominazione araba. Ciò testimonia la presenza in questo luogo di monaci spagnoli e di altre nazionalità dimostrando la grande apertura culturale dei monasteri di Subiaco.

Formato da due archi, ognuno di essi è popolato da figure scolpite nella pietra: patriarchi o profeti poggianti su mensole dalle forme goticheggianti popolano l’arco più interno; l’altro presenta invece angeli e, al centro, la Madonna in trono.

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Ci sarebbe un terzo chiostro, dei Cosmati, la cui visita, insieme con l’interno della chiesa, è stata sospesa a causa del Covid. Ovviamente si tratta di un chiostro dalla bellezza infinita la cui visione è solo rimandata a quando ci saremmo liberati di questo brutto virus. Tornare a Subiaco non è impossibile per chi vive a Roma e mi auguro di tornare ancora quando avremo detto addio al Coronavirus. Sul sito dei monasteri benedettini di Subiaco si trova una dettagliata descrizione e alcune immagini che testimoniano l’eleganza dei marmi scolpiti. Basti sapere che venne realizzato dal marmoraro romano Jacopo il Vecchio che lo iniziò intorno al 1210. Suo figlio Cosma (da cui l’aggettivo cosmatesco), alla morte del padre, verso il 1240, insieme ai figli Luca e Jacopo portò a termine la costruzione. Conclusasi la visita a santa Scolastica si può continuare a salire la strada dei monasteri fino ad arrivare a san Benedetto o Sacro Speco.

Il monastero di san Benedetto al Sacro Speco

Lo Speco è la grotta dove san Benedetto si recava a pregare e che divenne luogo di culto già dal VI secolo. È infatti attorno a questa grotta che sono stati edificati gli ambienti monastici a partire dalla seconda metà dell’XI secolo.

Esternamente il monastero di san Benedetto si presenta come un complesso architettonico molto affascinante aggrappato saldamente alle rocce.  I suoi profili di pietra liscia a strapiombo sul bosco sottostante contrastano con le ruvide rocce che gli fanno da cornice.

Anche qui al Sacro Speco sono dei preparatissimi giovani volontari a far conoscere questi luoghi ai visitatori.  La visita inizia dalla Chiesa Superiore, che si trova nella zona più alta del monastero e che fu dunque l’ultima parte del complesso a essere costruita.

Gli affreschi della chiesa superiore

Dopo aver attraversato un corridoio si entra nella Chiesa Superiore che conserva gli affreschi più preziosi del complesso. Entrando si viene rapiti dalla visione della potentissima Crocifissione, posta sull’arco che separa la prima campata dalla seconda. In questo affresco si affollano talmente tanti personaggi e dettagli che quasi rischiamo di perderci al suo interno. Ogni gesto e sguardo sembra essere studiato per convogliare la nostra attenzione verso il volto sereno di Cristo. I personaggi sembrano talmente vivi nei loro gesti che sembra quasi di riuscire a sentire le loro voci.

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Altri episodi dalla vita di Cristo affollano le pareti di destra e sinistra disponendosi su tre registri.  

L’entrata di Cristo a Gerusalemme; L’incontro fra Cristo e la Maddalena; L’incredulità di Tommaso stanno sulla parete a destra di chi entra.

Il bacio di Giuda; La flagellazione; Il viaggio al Calvario si stagliano sulla parete opposta. Affascinanti sono le aureole realizzate con dello stucco bianco che donano tridimensionalità alla composizione. Questa prima campata è stata decorata da artisti senesi che sarebbero stati chiamati dall’abate Bartolomeo da Siena negli anni sessanta del Trecento.

Il ciclo della Chiesa Superiore illustra quindi episodi della vita di Cristo nella prima campata e, nella seconda invece, storie dalla vita di san Benedetto da Norcia. Queste sarebbero state realizzate al principio del Quattrocento da artisti Umbro-Marchigiani. Sono qui raffigurati oltre a San Benedetto che prega nella grotta, anche l’episodio del Miracolo del veleno e La guarigione del monaco indemoniato.

Il miracolo del veleno è un importante episodio nella vita di San Benedetto che l’avrebbe compiuto dopo essere divenuto abate di un monastero. Essendo Benedetto più esigente del suo predecessore, si conquistò le antipatie dei monaci che gli avvelenarono il vino. Quando il Santo fece il segno della croce per benedire il vino che si accingeva a bere, il calice si ruppe e la vita gli fu salva.

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La chiesa inferiore

Da qui, scendendo alcuni gradini, ci si immette nel transetto, la cui abside è scavata nella roccia e le cui pareti sono affrescate sempre dagli artisti di scuola Umbro-Marchigiana. Ogni spazio di questo ambiente è gremito di affreschi e raccorda la Chiesa Superiore a quella Inferiore.

La Chiesa Inferiore risale al periodo compreso fra il 1244 e il 1276, è un ampio spazio rettangolare diviso in tre vani voltati a crociera. Quasi tutti gli affreschi sulle pareti di questo ambiente dovrebbero essere riconducibili a un artista poco noto che però ha lasciato qui la sua firma: Conxolus, e ovviamente ai suoi aiuti. In questi ambienti ogni centimetro di muro è conquistato dalla pittura.

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L’ambiente più caratteristico e più importante di tutto il monastero è la Grotta di San Benedetto. Si tratta della grotta (detta anche Speco) in cui Benedetto condusse per tre anni una vita eremitica finché non subì, nuovamente, un tentativo di avvelenamento. Questa volta fu il parroco della chiesa di san Lorenzo a volerlo uccidere, facendogli recapitare del pane avvelenato.  In seguito a questo episodio Benedetto abbandonò la grotta. Da allora l’anfratto divenne luogo di preghiera per i monaci del vicino monastero di Santa Scolastica.

subiaco monastero santa scolastica

Col tempo il suo assetto iniziò a subire delle modifiche affinché una vera comunità monastica potesse abitare quei luoghi sacri.

Attualmente la grotta accoglie una splendida statua in marmo opera di Antonio Raggi, allievo del Bernini. La statua dai contorni morbidi e luminosi contrasta con l’ambiente buio e roccioso e raffigura San Benedetto in preghiera.

La peculiarità del monastero è che, essendo concepito come un tutt’uno con la montagna, gli ambienti al suo interno seguono il suo andamento. La visita si ferma infatti sugli scalini della scala santa, osservando l’affresco de “L’incontro dei tre vivi e dei tre morti”.

Oltre non possiamo accedere poiché gli altri ambienti sono troppo piccoli per poter mantenere le distanze fra i visitatori. Niente cappella di san Gregorio e niente Cappella della Madonna. Il Covid-19 non ci permette una fruizione totale dei luoghi della cultura e dell’arte. Questa mia visita risale a settembre, in un momento in cui i luoghi della cultura e dell’arte ancora erano accessibili al pubblico. Attualmente la situazione si è aggravata e tutti i musei, le aree espositive e ovviamente anche i monasteri di Subiaco hanno dovuto chiudere le porte ai visitatori. La speranza è di poter tornare presto a quei luoghi che, per dirla come un personaggio di Dostoevskij, in quanto contenitori di arte e di bellezza salveranno il mondo.

Il monastero di san Benedetto è il luogo in cui natura e spiritualità si fondono insieme in modo armonioso. Dove l’architettura ha fatto un “miracolo” e si è legata alle asperità della roccia. Qui si respira l’aria di una religiosità inscindibile dalla natura e dalla semplicità. Un luogo che ci rimanda a casa cambiati, più sereni spiritualmente e riconciliati alla natura.

Articolo e foto di Francesca Blasi.

Le foto della Basilica Inferiore del Sacro Speco e della statua di Antonio Raggi sono state gentilmente concesse dall’amico Daniele Di Cola.

Francesca Blasi
Sono nata a Roma nel 1988. Mi sono laureata in storia dell'arte contemporanea presso l'università La Sapienza di Roma. Alla triennale ho elaborato una tesi sull'arte antifascista e alla magistrale ho fatto una ricerca sull'uso del pixel nelle arti visive. Amo la fotografia, hobby che pratico, il cinema, la lettura e la musica.

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