Il Nome della Rosa. Quando un capolavoro si fa teatro

il nome della rosa teatro argentina

Un libro che ha appassionato milioni di lettori in tutto il mondo, inserito da Le Monde fra i cento migliori libri del secolo scorso, trasformato in una bellissima pièce teatrale per merito di Leo Muscato e Stefano Massini.

Un vecchio e canuto Adso da Melk (portato in scena da un bravissimo Renato Carpentieri) giunto quasi ai suoi ultimi giorni di vita, narra a un muto amanuense le incredibili, misteriose e torbidi vicende che lui, all’epoca giovane e imberbe novizio, visse accanto al suo maestro, il leggendario Guglielmo da Baskerville, sul finire dell’anno del Signore 1327, in una celebre abbazia benedettina, dell’Italia settentrionale, di cui è saggio tacer il nome.

Cosi ha inizio anche la versione teatrale del Il Nome della Rosa, tratta dall’omino romanzo di Umberto Eco, che Bompiani editò nel 1980 e che divenne uno dei libri più famosi di sempre, tanto da essere tradotto in ben 49 lingue.

La trama è piuttosto nota. Adso da Melk e Guglielmo da Baskerville, giunti nel monastero per partecipare a un importante incontro con la delegazione papale, per conto dell’ordine francescano al quale appartengono, vengono messi a conoscenza dall’abate dell’inspiegabile morte di uno dei monaci, il giovane Adelmo, durante una tremenda bufera di neve. L’abate, preoccupato che l’evento luttuoso possa compromettere l’atteso convegno sull’annosa questione della povertà della chiesa, affida a frate Guglielmo, in passato uno dei più noti inquisitori, l’incarico di svolgere delle indagini per scoprire se veramente sull’abbazia si sia abbattuta la mano violenta dell’Anticristo.

Guglielmo accetta, ma indagherà seguendo la sua sopraffina logica, cercando la verità più fra le pieghe dell’umano che in quelle del maligno.

Confrontarsi con il leggendario romanzo del semiologo bolognese, ma anche con la rilettura cinematografica che fece nel 1986 il regista Jean-Jacques Annaud nell’omonimo film campione di incassi, è certamente impresa ardua ma, alla fine, perfettamente riuscita. Il Nome della Rosa, testo teatrale scritto da Stefano Massini nel 2015, per la regia di Leo Muscato, nonostante l’improba difficoltà, verrebbe da dire, citando gli antichi, “non conviene superare le colonne di Ercole”, è un’opera che convince dall’inizio alla fine. D’altra parte, come afferma lo stesso Muscato, «la struttura stessa del romanzo è di forte matrice teatrale.»

Dai bellissimi testi, spesso direttamente ripresi dal libro di Eco, alla scenografia, che riproduce, ricorrendo spesso alla tecnologia, gli interni della abbazia, che tanto meravigliarono gli spettatori nel film di Annaud, passando, ovviamente, per la convincente recitazione dei tredici attori coinvolti nello spettacolo, da Luca Lazzareschi, nei panni di Guglielmo da Baskerville, a Giovanni Anzaldo, in quelli del giovane Adso, senza dimenticare Eugenio Allegri, che recita superbamente la parte del monaco cieco Jorge da Burgos, uno dei personaggi più riusciti del libro di Eco che, a detta di molti critici, altro non sarebbe stata che una caricatura del poeta argentino Jorge Luis Borges.

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Una delle scene dello spettacolo

Menzione di merito, ricordando i bellissimi costumi di Silvia Aymonimo, per Franco Ravera, che interpreta il frate cellario Remigio da Varagine, e principalmente per Alfonso Postiglione, superbo nei panni di Salvatore, il frate dolciniano che si esprime con una lingua astrusa e babelica e che nella celebre pellicola del 1986 fu interpretato da Ron Perlman.

Dopo essere stato recentemente in scena a Roma, al Teatro Argentina, la tournée del Nome della Rosa proseguirà con diverse tappe fino a fine marzo, portando la complessa ed affascinante trama concepita da Eco in diverse città fra cui, Padova, Verona, e Venezia, dove, al Goldoni, sarà in cartellone dal 21 al 25 febbraio.

Uno spettacolo per celebrare nel modo migliore, attraverso la sua opera più conosciuta, il genio incontrastato di Umberto Eco a due anni dalla sua scomparsa.

Maurizio Carvigno

Nato l'8 aprile del 1974 a Roma, ha conseguito la maturità classica nel 1992 e la laurea in Lettere Moderne nel 1998 presso l'Università "La Sapienza" di Roma con 110 e lode. Ha collaborato con alcuni giornali locali e siti. Collabora con il sito www.passaggilenti.com

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