«Ha finto per Priapo una zucca»: allusioni sessuali vegetali a Villa Farnesina

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Mercurio inviato sulla Terra. Un dettaglio delle storie di Amore e Psiche (Villa Farnesina, Roma)

In questo primo articolo della rubrica «Arte a nudo. Tranquilli! Niente di scandaloso» parlerò di un curioso dettaglio della decorazione della loggia con le storie di Amore e Psiche nella Villa Farnesina a Roma.

Gli affreschi furono commissionati a Raffaello e alla sua bottega dal ricco banchiere e mercante senese Agostino Chigi, proprietario della villa, e furono realizzati attorno al 1518 (ma mai conclusi).

Nella volta vi sono varie scene tratte dalla vicenda di Amore e Psiche secondo il racconto di Lucio Apuleio nell’Asino d’oro. I vari episodi sono scanditi da un finto pergolato avvolto da vegetali – fiori, verdure e frutti (alcuni provenienti anche dall’America) – attribuito all’allievo di Raffaello, Giovanni da Udine.

Tra mele, pere, pesche, grappoli d’uva, funghi, cetrioli e melograni, compare una zucca di notevoli dimensioni che penetra un fico.

Questo dettaglio si trova sopra la figura di Mercurio che, secondo il racconto di Apuleio, era stato inviato sulla terra da Venere a cercare Psiche, la donna amata dal figlio Eros. La mano del messaggero degli Dei sembra quasi indicare il dettaglio… che nonostante ciò è rimasto per molto tempo inosservato. E le ragioni sono chiare! La forma dell’ortaggio è esplicitamente fallica e il fico penetrato non può che ricordare l’atto sessuale.

Che non si tratti di un’illusione moderna lo conferma proprio un uomo del Cinquecento: Giorgio Vasari. Nella sua seconda edizione della raccolta di Vite di artisti (1568), Vasari ricorda questo ingegnoso gioco nella biografia di Giovanni da Udine, senza nessuno scandalo ma al contrario lodandolo:

«Sopra la figura d’un Mercurio che vola ha finto per Priapo una zucca, attraversata da vilucchi, che ha per testicoli due petroniani, e vicino al fiore di quella ha finto una ciocca di fichi brogiotti grossi dentro a uno dei quali, aperto e troppo fatto, entra la punta della zucca col fiore; il quale capriccio è espresso con tanta grazia, che non si può alcuno imaginare».

Per Vasari non vi erano dubbi: la zucca era Priapo, la divinità greco-romana solitamente rappresentata in forma itifallica. In questo senso Philippe Morel – il primo storico dell’arte ad affrontare con serietà la questione nel 1985 – ha interpretato il dettaglio della Farnesina.

Raffaello a Villa Farnesina. Tutto l’incanto rinascimentale di Roma

Il recupero dell’antico nella cultura rinascimentale, sia in campo letterario che figurativo, non aveva escluso il vasto mondo greco-romano associato all’eros. La passione per l’Antico aveva riportato in auge gli epigrammi in onore di Priapo, ma aveva anche permesso ad un artista come Francesco Salviati d’ideare un disegno (divenuto un’incisione un secolo dopo) raffigurante un corteo “all’antica” dove ninfe e putti conducono in trionfo un enorme fallo, simile ai feticci votivi antichi, che sta per entrare in un arco trionfale a forma di pudenda femminile.

A volte Priapo, divinità della fertilità, poteva essere associato all’abbondanza e alla rigogliosità dei giardini. Un simbolismo ideale per una loggia come quella della Farnesina che si affacciava sul giardino della villa! Priapo poteva così assumere l’aspetto vegetale.

Si veda ad esempio questo piatto veneziano della metà del Cinquecento dove compare una testa di satiro (figura lussuriosa associata a Priapo) avvolto da frutta e verdura, tra cui non mancano cetrioli e zucchine… Qui la tradizione colta s’incontra con quella burlesca e popolare dei canti carnascialeschi e dei modi di dire. Non vi è nulla di ermetico: ancora oggi siamo abituati a rivolgerci ai genitali parlando di pisello, zucchina, cetriolo, fava e fica.

Nella cultura rinascimentale queste metafore erano soggetti di veri e propri componimenti poetici. Si potrebbe ricordare alcuni sonetti come Frati predicatori e zucche lesse di Burchiello, A voler sempre aver de fichi freschi di Antonio Alamanni, Capitolo in lode dei Fichi di Francesco Maria Molza, solo per citarne alcuni.

All’interno della decorazione della Farnesina questa allusione sessuale era tutt’altro che fuori luogo.

Sembra infatti riassumere tutta la complessa vicenda di Amore e Psiche, svelandone il sotto-testo erotico che ne era stata la causa iniziale, rimandando alla lieta conclusione con il matrimonio tra i due protagonisti.

E proprio la celebrazione del matrimonio era il tema portante della decorazione, forse legata alle nozze del 1519 del ricco Agostino Chigi con Francesca Ordeaschi, con la quale aveva convissuto fin dal 1511 sollevando molto clamore.

Se dalla prima moglie, morta nel 1508, Agostino non aveva avuto figli, Francesca gli aveva invece dato il primogenito maschio Lorenzo Leone, battezzato nel 1518: l’erede destinato a portare avanti le glorie del casato.

Ecco dunque le ragioni storiche e personali di questo dettaglio erotico, burlesco e colto allo stesso tempo, tutt’altro che scandaloso, un simbolo non solo del piacere (in tutte le sue forme) ma un auspicio di prosperità e abbondanza matrimoniale ed economica per la famiglia Chigi.

Daniele Di Cola

Le divinità dai sentimenti umani di Raffaello alla Farnesina: mai far arrabbiare una dea!

Immagine in copertina di pubblico dominio.

Daniele Di Cola è storico dell'arte e dottorando presso l’università di Roma La Sapienza. Si è laureato in storia dell’arte nella stessa università nel 2014. I suoi interessi includono la storia della critica d’arte e le metodologie e teorie della storia dell’arte.

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