Con più di 170 opere esposte la mostra “Canova. Eterna bellezza” al Museo di Roma a Palazzo Braschi è assolutamente imperdibile.
Già dal suo primo soggiorno a Roma, Antonio Canova sviluppò un legame fortissimo e molto proficuo con la Città Eterna. Basti pensare a quanto scrisse nei suoi Quaderni di viaggio circa l’Apollo e Dafne di Gian Lorenzo Bernini conservati a Villa Borghese. Se è vero che non si può immaginare il Neoclassicismo senza Canova, vale anche il contrario. Ma entrambi non sarebbero stati gli stessi senza Roma. Nessuno, però, aveva ancora pensato di organizzare proprio qui una mostra monografica su quell’artista a ragione soprannominato il nuovo Fidia. È successo a Palazzo Braschi.
Va dunque riconosciuto al museo romano il merito di una grandiosa esposizione.
Divisa in 13 sezioni, la mostra “Canova. Eterna bellezza” racconta la parabola infinitamente ascendente dello scultore e pittore veneto: a partire dal 1779, data del suo arrivo nell’Urbe, fino ai giorni nostri. Grazie a una fama che le sue opere non hanno mai smesso di riscuotere. Alcuni sono assoluti capolavori in marmo: come la Danzatrice con le mani sui fianchi, l’Amorino alato o la Maddalena penitente. Ma anche imperdibili gessi: l’Amore e Psiche stanti, l’Endimione dormiente, il Genio funerario del monumento degli ultimi Stuart e il sorprendente Busto della Religione, vestigio del progetto di una statua colossale fortemente voluta per San Pietro che gli fu impedito di portare a compimento.
E ancora disegni come quello a matita su carta dell’immancabile Torso del belvedere che tanti artisti sedusse o la tecnica mista su tela della Figura femminile assisa piangente, preparatorio per il Monumento del conte Alessandro De Souza Holstein. Infine il confronto diretto con alcune opere classiche: delizioso quello con la Statua di Eros tipo Centocelle del II secolo.
Un approfondimento storico e i complessi rapporti con l’autorità.
Per quanto legato a Roma, per Antonio Canova i rapporti con chi la governava – e con il potere in genere – non furono dei più semplici: il Neoclassicismo era, in fondo, espressione artistica di un periodo di grandi rivoluzioni e dominato da una figura anticlericale come Napoleone. Lui, fervente cattolico e distantissimo dalle posizioni giacobbine, si allontanò da quella Repubblica Romana strappata a Pio VI nel 1798 e i cui capolavori finirono a Parigi.
Proclamato Pio VII e tornato l’ordine nello Stato Pontificio, allo scultore verranno commissionate importanti opere a sostituzione di quelle in esilio. E, in seguito, assegnato il compito di vigilare su tutti quei beni artistici che si volevano esportare. Per ciò arriverà addirittura a scontrarsi con i desideri dell’imperatore d’Austria Francesco I e del cognato Ludovico I di Baviera. L’avranno vinta loro e Pio VII dovrà cedere il Fauno Barberini. Dopo l’annessione di Roma alla Francia, la caduta di Napoleone e il conseguente ritorno del Papa, è a Canova che verrà affidato il delicatissimo recupero di molti capolavori sottratti dai francesi.
Questo periodo particolarmente caotico è ben rappresentato dai tanti busti ordinatigli dall’entourage del Bonaparte – tra cui spicca il gesso Napoleone Primo Console – e da quel Fauno Barberini così conteso, qui presentato in una copia in gesso di inizio ottocento e proveniente dall’Accademia di Belle Arti di Bologna.
Attualizzando Canova: gli scatti di Mimmo Jodice e altre tecnologie.
Definito “una mostra nella mostra”: è lo spazio dedicato alle fotografie di Mimmo Jodice con per soggetto alcuni capolavori canoviani. La sua perizia è tale che la tridimensionalità della scultura è magnificamente tradotta in una bidimensionalità ricca di fascino, carnalità e luminosità. Un’attenzione alla valorizzazione del dettaglio che Canova per primo ha sempre ricercato: tanto da desiderare che le sue statue potessero venire facilmente roteate. Permettendo così a chi le guardava di coglierne le diverse prospettive senza necessariamente doversi muovere. La mostra “Canova. Eterna Bellezza” è riuscita anche in questo, dotando il leggiadrissimo Amorino alato e la seducente Danzatrice con le mani sui fianchi di basi rotanti. Un piccolo, ulteriore palcoscenico da cui incantare qualunque sia il punto di vista.
Infine il contributo di Magister in collaborazione con Robotor: la più contemporanea riproduzione in scala reale di Amore e Psiche giacente, realizzata partendo da una scansione 3D. L’opera è provocatoria perché frutto della fatica di un robot che, per 270 di seguito, ha scolpito un blocco di marmo bianco di Carrara pesante 10 tonnellate. Nelle intenzioni l’obiettivo è far riflettere sull’attualissimo tema della riproducibilità tecnica quale strumento per celebrare ulteriormente il talento di chi crea l’originale. Per chi scrive, invece, il risultato fa apparire ancor più lampante come esistano ambiti dove la mano dell’uomo non deve e non può essere sostituita.
Credits foto in evidenza: Amore e Psiche | Gesso, 148x68x65 cm | Veneto Banca spa in L.C.A.
Cristian Pandolfino