Lo stigma infernale di Bosch

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Hieronymus Bosch (1453ca-1516ca), habitus controverso dello stilema fiammingo della seconda metà del Quattrocento, ricopre un ruolo fondamentale nel panorama espressivo dell’epoca.

La sua iconografia del bizzarro, dell’ibrido, del grottesco urta con i parametri consolidati, contenutistici e stilistici, irrompendo con una precisa e puntuale disamina del Maligno, intrisa del “particularismo” tipico delle Fiandre.

La sua opera si muove entro l’alveo della denuncia dei vizi e delle bassezze umane. Polemica diffusa nel periodo di riferimento, ma che trascende questo aspetto, proponendo uno stilema di più ampio respiro, dove il paradosso e l’esasperazione regnano sovrani.

Il limes nei suoi lavori non sussiste. Bosch non pone termine alla sua fantasia surreale. Costui non considera né i confini del buon costume né la morsa della morale benpensante. Il ché non indica che egli sia isolato dal panorama sociale o che non abbia commissioni importanti da sovrani. Viene celebrato quale pittore insigne, rivelando la sua astuzia e abilità nell’affermare il suo anticonformismo.

Procrastina il suo credo surreale e fantasioso che incanta spettatori e mecenati di ogni genere. Nonostante il parossismo che abbraccia le sue opere, egli incontra il gusto diffuso di voler condannare, rendendo visibile platealmente il lato oscuro umano. Un’etica didattica che soddisfa le esigenze “puritane” dell’epoca, assecondata dalla fioritura multiforme di sette religiose. Una “altra Chiesa” che si diffonde al di fuori di quella ufficiale e che polemizza con la corruzione dilagante clericale, anelando a un rinnovato spiritualismo. Un preludio alla Riforma.

Lo stesso Bosch si supponga appartenga alla confraternita di Nostra Signora, il cui simbolo è un cigno bianco, pressurizzato in angoli delle sue rappresentazioni.

L’edonismo e la ricerca del piacere diffusi all’epoca sono una conferma della ricchezza di cui gode il paese, che genera di converso un misticismo spiccato, e dall’altro canto, un morboso interesse per il misterioso e l’occulto. Si diffonde un’editoria “Del Malefico”, dal “Malleus maleficarum” alla “Nave dei pazzi”, in concomitanza con la traduzione in olandese della “Legenda aurea” di Jacopo da Varagine.

In questo humus l’arte di Bosch risente delle varie contraddizioni e, suffragata dal suo intenso intellettualismo e habitus visionario, fornisce un’iconografia multiforme del Male. Il linguaggio espressivo è criptico e dà adito a varie interpretazioni del rappresentato.

I soggetti sono variegati. L’artista accetta commissioni da maestri di sette spirituali e ereticanti, sovrani come Filippo il Bello e da rappresentati del ceto medio-alto.

Il vettore è il simbolo, estremizzato nella sua figurazione. Ibridi umani, scomposizioni e ricomposizioni prospettiche, punti focali sovvertiti, tinte visionarie. Un abbecedario dell’allegoria. Demoni dipinti come sciami di insetti, angeli dalle ali infuocate, serpente tentatore con braccia e testa umane, cani con l’armatura, pesci con le ali, rospi sull’organo della fecondità femminile, orci e brocche diaboliche. Elemento peculiare in Bosch è il suo disgregare e aggregare elementi umani, animali e materiali, assemblandoli in un “antiordine”.

Un caos con un’apparente assenza di senso caratterizza le sue composizioni, mentre in esse vige un rigido schema intellettuale dove ogni singolo particolare è contemplato.

Un’incombenza del Male che adombra il sacro e il Bene. La narrazione ha accenti grotteschi che possono creare disgusto nello sguardo dello spettatore e sensibilizzano sulla tematica di riferimento.

Non è escluso che l’artista facesse uso della cosiddetta “pomata delle streghe”, uno stupefacente che dà l’effetto di visioni. Una sovrabbondanza visiva che incatena l’osservatore. Un’immersione in un labirinto dove ogni elemento non è lasciato al caso e dimostra la profonda cultura del pittore. Spazia dalla dottrina teologica alla filosofia, dall’esoterismo all’alchimia.

Ciò che colpisce è l’eterogeneità espressiva. L’osservatore ha la netta sensazione di entrare in un mondo parallelo dove le leggi del surreale dominano, sebbene in verità il simbolismo utilizzato dall’artista risulti ben ancorato a diretti riferimenti intellettuali, attraverso i quali, “vettorializza” il suo personale pensiero.

Un esempio è il motivo dell’uovo rotto, diffuso nell’arte italiana ad esemplificare la dialettica Concordia-Discordia, Amore-Guerra.

Nel caso di Bosch, questa allegoria riporta alle concezioni mistiche occidentali e orientali, dove, indica riassorbimento, nel senso di rientro nel guscio spezzato, come un ritorno a una condizione di pace, precedente alla nascita.

Il suo realismo si amalgama a una tensione verso ciò che è imponderabile, rendendo la sua arte un ossimoro, che spesso collide tra un “lirismo demoniaco” e un “verismo dell’immateriale”.

“Girolamo Bosco di Bolduc inventore nobilissimo et maraviglioso di cose fantastiche e bizzarre” Lodovico Guicciardini

L’inferno sono gli altri. Jean-Paul Sartre

Costanza Marana

Foto: Sailko [CC BY 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/3.0)]

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