L’arte dopo il sisma: la mostra “Capriccio e Natura” a Macerata

palazzo buonaccorsi macerata

Nella splendida cornice di palazzo Buonaccorsi, è stata allestita la mostra la mostra “Capriccio e Natura“.

Alcune opere sopravvissute al terremoto del 2016 sono state riunite insieme ad altre del territorio, per raccontare l’arte marchigiana del periodo della controriforma.

“Capriccio e Natura” si inserisce all’interno di un ciclo di iniziative marchigiane che avranno luogo per tutto il 2018. Abbiamo già parlato di Recanati e del suo “Lotto dialoga con Leopardi” e presto ce ne saranno altre in vari centri (come Fermo, Ascoli Piceno, Fabriano, Loreto e Matelica).

Questa mostra, dicevamo, racconta l’arte della seconda metà del Cinquecento. Dalla maniera, insomma, al caravaggismo, passando per le Marche.

Ma perché proprio le Marche?

Lo sapevate, ad esempio, che nel quindicesimo secolo, Macerata divenne una delle capitali amministrative dello Stato Pontificio? Proprio questa importanza politica diede alla città la possibilità di veder vagare per i cantieri artisti provenienti dalla capitale e decisi a lasciare la loro impronta.

Le opere, raggruppate indicativamente in ordine cronologico, attraversano il cinquantennio della controriforma, abbiamo detto. Dalla maniera, artificiosa, complessa e capricciosa dell’artista, andiamo verso uno studio più naturale del soggetto realizzato.

Quadri difficili da capire, senza un’apparente logica e in cui prevale la maestria dell’artista, da un lato. Dall’altro, opere in cui i dettami di semplicità e immediatezza tornano a far presa.

Percorrendo le varie sale della mostra, la composizione e l’uso accorto dei colori celano e rivelano allo stesso tempo la volontà di aderire ai precetti imposti dal Concilio di Trento.

Non parliamo, tuttavia, di un percorso lineare, né tanto meno di un processo di crescita graduale.

Perché, infondo, non esiste un percorso progressivo e ancora meno tendente a una soluzione univoca. Capriccio e Natura, insomma, non due “realtà” separate e distinte.

L’assenza di una figura predominante rende plurima e polivalente l’esperienza pittorica di quegli anni. Varietà di artisti ma anche di committenti rendono eterogenea l’evoluzione della produzione nel maceratese. D’altro canto, i cantieri della Santa Casa di Loreto e le committenze del ducato di Urbino, sono la cartina di tornasole più evidente di questo fenomeno.

L’intero percorso, che apre al capriccio, termina con la celebrazione della natura e della luce, dove ormai il colore perde la corposità dell’artificio per diventare sfumatura e ombra.

Dalla maniera alla luce, quindi, senza escludere qualche punta di nostalgia per il passato in una mostra che potremmo definire plurale, come il nome della regione che la ospita.

Serena Vissani

Serena Vissani
Ama i libri, il cinema e la pasta. Non sempre in quest'ordine.

COMMENTA QUESTA DOSE DI CULTURA

Lascia un commento!
Inserisci il tuo nome qui