Quante volte avete immaginato di entrare negli atelier dei vostri artisti preferiti per scoprirne i segreti, oppure solamente per osservarli immersi nel loro lavoro. Jan Vermeer con questo suo meraviglioso dipinto offre la possibilità di immergersi nel suo studio permettendoci di realizzare un autentico tuffo nel passato.
L’infuso d’arte di oggi è “L’arte della pittura”, conosciuto anche come “L’allegoria della pittura”, uno dei grandi capolavori di Vermeer, eseguito tra il 1666 ed il 1668 e conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Potete visionarlo qui.
L’artista originario di Delft ci apre le porte del suo studio dandoci l’occasione di osservarlo mentre è immerso nel processo creativo. Un viaggio nella storia dell’arte e nell’Olanda di fine 600 che ci consente di entrare in intimità con il pittore stesso.
Cosa sta succedendo nel dipinto?
Ci troviamo all’interno di una stanza ampia e molto luminosa descritta con estrema cura di particolari con tende sontuose, mobili ed arredi probabilmente di proprietà dello stesso Vermeer. Siamo proprio all’interno della sua casa a Delft.
Particolarmente sullo sfondo notiamo una dettagliata cartina geografica. Quest’ultima è un oggetto ricorrente nella pittura dell’artista olandese, che si dedicò frequentemente alla raffigurazione minuziosa di mappamondi e carte geografiche.
La nostra attenzione è però catturata dalla modella. Questa rivolge lo sguardo timidamente verso il basso, la testa è cinta dalla corona di alloro, mentre tiene un libro nella mano sinistra e una tromba nella destra. Con questi simboli iconografici la fanciulla diventa una rappresentazione allegorica di Clio, musa della poesia epica e della storia.
Ma cos’è che ci fa entrare nell’opera?
La porta dello studio è semiaperta e la bellissima tenda di broccato sembra essere stata scostata appositamente per noi. Ci sentiamo chiamati a entrare, come se lo stesso Vermeer ci avesse invitati nell’intimità del suo lavoro. Non ci resta quindi che oltrepassare la soglia per osservare direttamente con i nostri occhi l’artista immerso nella propria creazione.
Infatti al centro della scena vediamo Vermeer stesso. Si è raffigurato di spalle mentre sta ritraendo una giovane donna che ha tutta l’aria di essere una delle servette di casa travestita apposta per mettersi in posa. Tutto il dipinto è avvolto da un alone di mistero a partire dallo stesso protagonista che non si mostra chiaramente all’osservatore. Noi non possiamo vederlo in faccia, eppure siamo ipnotizzati dalla sua figura che – nonostante sia nascosta frontalmente – ci da tutta l’impressione di essere concentrata nella propria opera.
Vermeer realizza in realtà una messa in scena trasformando il suo stesso studio in una scenografia teatrale in cui sia lui che la ragazza recitano una parte ben precisa. È in questo momento che capiamo il vero soggetto dell’opera, non l’autoritratto del pittore nel suo atelier, ma l’allegoria della pittura.
Due parole sullo stile…
L’aspetto più importante del quadro è sicuramente l’eccezionale qualità della luce, una delle caratteristiche più famose dei quadri di Vermeer.
Ogni lumeggiatura, ogni sfumatura di colore è studiata minuziosamente dal pittore per creare un effetto sorprendente di luce reale che investe l’ambiente raffigurato rendendo la rappresentazione molto più realistica. È proprio questa sua straordinaria capacità di restituire agli occhi una luce visibile e materiale che fece di Vermeer uno degli artisti più apprezzati del suo tempo.
L’artista che ritrae se stesso al lavoro è un tema molto frequente nella pittura del Seicento, basta solo citare “Las Meninas” di Velazquez. In questo caso è però il più talentuoso pittore olandese del Seicento a mostrarci i retroscena del lavoro di un pittore. Questo dipinto rappresenta uno dei più sublimi e poetici capolavori dell’artista olandese, venendo considerato dalla critica come un sorta di testamento artistico dello stesso Vermeer.
Anche per oggi l’Infuso d’arte è terminato. Con questo freddo ne stiamo mettendo in caldo tanti altri per voi per accompagnarvi verso la tanto attesa primavera!
Martina Patrizi