Dal 5 al 17 marzo in scena al Teatro Quirino La Governante, di Vitaliano Brancati con Ornella Muti ed Enrico Guarnieri.
Colpe, calunnie e preconcetti. Potrebbe essere questo l’incipit di uno spettacolo teatrale che oltrepassa i confini temporali e ritorna a noi facendosi largo nella modernità della nostra epoca.
Commedia scritta nel 1952 e subito censurata, La Governante tratta il tema dell’omosessualità in un contesto storico distante dalle più recenti conquiste.
Tuttavia, il centro del testo, a detta dello stesso Brancati, morto prima ancora di vederne la messa in scena, racchiude in sé molto di più.
Una pièce tra censure imposte e verità celate
Lo spettacolo racconta di Caterina Leher (Ornella Muti), governante di origine francese assunta da poco in casa Platania, famiglia borghese siciliana trapiantata a Roma.
Il capofamiglia, Leopoldo Platania (Enrico Guarnieri), seppur distante dalla sua Caltanissetta, terra baronale, vive ancorato ad una morale cattolica severa, la stessa per la quale vedrà morire suicida anni prima la propria figlia, Agatina.
Caterina, calvinista e donna di principio, vive in maniera celata la propria omosessualità, compiacendo quelli che sono i desideri e le regole imposte da Platania. La situazione, però, le sfugge di mano. Pur di salvaguardare la propria integrità e incapace di fare i conti con la propria condizione, Caterina attribuirà le proprie tendenze ad una giovane ed innocente cameriera, Iana (Nadia de Luca), il cui destino, dopo essere stata licenziata, sarà tragicamente segnato.
Paure, calunnie e perbenismi: la stupidità dell’essere umano
Le colpe dei personaggi si accavallano e si mescolano alla stupidità di un mondo inetto, fatto di apparenze.
La paura di essere conduce ad azioni disdicevoli.
Il perbenismo si sveste, poco a poco, smascherando la piccolezza dell’essere umano: la vanità insulsa di Elena (Caterina Milicchio) nuora di Leopoldo, le piccole scappatelle di Enrico Platania (Rosario Marco Amato); la superbia dello scrittore Bonivaglia (Rosario Minardi), il quale ostenta la propria capacità di cogliere il grottesco e il vero di ciascun personaggio, romanzandone l’essenza.
La morale punitiva che affligge l’essere umano
La Governante di oggi, diretta da Guglielmo Ferro e in scena al Quirino di Roma fino al 17 marzo, ci ridona la vera natura del testo di Brancati.
Le battute, in italiano e in parte in sicilano, rendono perfettamente l’idea di quel microcosmo capace di risucchiare i nostri pensieri.
Le scene, curate da Salvo Manciagli, guidano lo spettatore all’interno della sala di casa Platania, con arredi d’epoca a simulare vari ambienti tra i quali si svolge l’intera rappresentazione.
La Governante non è solo una pièce teatrale ma un discorso etico che vuole scagliarsi contro ogni forma di ipocrisia nei confronti della verità, quello scheletro nell’armadio di ognuno con il quale, prima o poi, toccherà fare i conti.
Lo spettacolo è un richiamo alla lotta al pregiudizio e alla stessa censura che, in Italia, libererà il testo solo nel 1965.
È il predicar bene e razzolar male che costerà caro a chiunque si ostini a vivere un’apparenza ben curata.
È la lotta di Caterina, magistralmente interpretata da Ornella Muti, con il proprio io, afflitto e schiacciato da una condotta che la tiene imprigionata in panni poco comodi e di cui non conosce anora bene i dettagli,
I giudizi, il desiderio di cancellare il senso di colpa e l’incapacità di farlo in nome di una morale farlocca, conducono questa commedia al confine tra il tragico e il comico, lasciando lo spettatore senza parole per cotanta capacità evolutiva nello stesso spettacolo.
La verità che non può uccidere
Il regista, Guglielmo Ferro, afferma:
“l’omosessualità non è l’unica tematica scottante trattata da Brancati. Ma già questa, da sola, rappresentò un ostacolo complicatissimo per la messa in scena del testo. E, come sempre, dietro la censura si cela la paura del diverso e delle diversità. Per cui il tema stesso non è che una delle tante diversità che certa morale ha paurosamente combattuto”
La Governante, dunque, è un grido di richiamo da parte della mancata accoglienza di ciò che non capiamo e non conosciamo, anche di noi stessi, a fronte di una presunzione attualmente viva che di moderno sembra aver poco.
Questa performance bellissima non è che il sogno di una libertà e di una verità che non può essere carnefice ma per la quale toccherebbe solo vivere.
Maria Grazia Berretta