I Miserabili: Victor Hugo apre il sipario del Teatro Quirino

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Dalle viscere del romanzo al teatro. Il capolavoro letterario con Valentina Violo e Franco Branciaroli

Se Victor Hugo, dall’alto della sua geniale megalomania, avesse assistito a questa trasposizione teatrale, avrebbe con certezza affermato che lo spettacolo è ben fatto perché la sua è una grande opera.

Come dare torto a colui che ha dato vita ad una delle più grandi epopee del XIX secolo.

Pubblicato nel 1862, I Miserabili possiede una trama articolata, avvincente e viene definito romanzo storico proprio perché narra quelle che sono le grandi vicissitudini che hanno caratterizzato l’Ottocento francese.

Cinque tomi ove poter camminare attraverso gli anni che vanno dal 1815 al 1833, tra i drammi sociali e le tensioni di una Francia post – Restaurazione, fino a giungere alla rivolta antimonarchica.

È in questo quadro che si aggiungono le riflessioni di natura etica sui protagonisti di questa storia, i peccati e le redenzioni di tutti i disgraziati usciti miseramente dalle guerre napoleoniche.

Scrivere per il teatro. Dal testo al palcoscenico

La transcodificazione e l’adattamento de I Miserabili ad opera di Luca Doninelli, con la regia di Franco Però,  non è solo un audace tentativo di trasposizione teatrale.

Ciò che si evince chiaramente da questo spettacolo è proprio il passaggio da una realtà orizzontale, quella del romanzo, ad una realtà verticale.

La messa in scena più che nella storia sembra voglia viaggiare nel suo significato profondo, nella natura simbolica che il romanzo contiene, considerando i limiti e le evidenti difficoltà dell’impresa.

Il mito di Jean Valjean e la ricerca del bene

Jean Valjean, ex galeotto, fondamentalmente buono e condannato per un reato insignificante al bagno penale, è qui interpretato magistralmente da Franco Branciaroli.

La sua presenza  misteriosa e la fisicità possente dominano la scena.

Il protagonista a teatro incarna alla perfezione i tratti di questo eroe che rappresenta il popolo, il santo o, se vogliamo, l’immagine cristologica che Victor Hugo partorisce per il mondo letterario e che viene donata nuovamente al pubblico sotto un’altra forma.

Per una cattiva azione, Jean, viene ripagato con il bene e da quel momento trova la via per il riscatto.

Il personaggio, dalla psciologia complessa, segue un percorso di continua spogliazione, di annullamento e redenzione per amor del bene.

La donazione totale di sé lo accompagnerà per tutta la vita, fino all’ultimo si, quello di rinuncia alla piccola Cosette, ormai giovane donna innamorata di Marius.

Entrare nel testo: amare la penna e coglierne i misteri

I Miserabili, riadattato da Doninelli, è un’analisi dettata da amorosa affiliazione al testo originale.

È il cammino di questo eroe tra i livelli più alti e quelli più bassi dell’umanità; il percorso da miserabile tra i miserabili.

È il suo incontro con Fantine (Ester Galazzi) e la promessa di prendersi cura di Cosette (Romina Colbasso) come figlia.

È la sfida contro gli avidi Thenardier e l’amore incondizionato di Eponine (Valentina Violo) per Marius (Filippo Borghi).

È il desiderio di riscatto di un popolo in rivolta.

È la lotta interiore di Javert (Francesco Migliaccio), acerrimo nemico di Jean Valjean,  portavoce di una giustizia senza senso, un castello di sabbia che crolla dinanzi al bene.

Le millecinquecento pagine di questa opera monumentale si lasciano sfogliare di scena in scena durante questo spettacolo.

L’idea dello scenografo, Domenico Franchi, di introdurre pannelli mobili, macchine sceniche simili ai periaktoi del teatro greco, regala dinamicità a questo mondo che si disloca sul palcoscenico.

Lo spettacolo gioca in maniera spasmòdica con luci ed ombre, quelle che lo stesso Hugo prova a descrivere nel grande testo e che raccontano la vita.

L’eredità di Victor Hugo

Il tentativo di confezionare per il teatro un pacco regalo adatto al suo pubblico risulta avere un grande successo.

Questo spettacolo, forse senza saperlo, attualizza il tema con delicatezza ed umiltà e, seppur in maniera differente, tramanda la stessa eredità dello scrittore:

«Il destino e in particolare la vita, il tempo e in particolare il secolo, l’uomo e in particolare il popolo, Dio e in particolare il mondo, ecco quello che ho cercato di mettere in quel libro»

Se dunque il romanzo rappresenta il desiderio di un uomo di capire quale è il nesso reale che lo riconduce al tutto, I Miserabili, in scena al Quirino fino al 4 novembre, se ne fa portavoce, ci riconduce all’essenza  delle cose, alla nostra condizione di esseri umani e al momento storico che viviamo.

Un nuovo paio di occhiali, insomma, una nuova forma di scrutatio della realtà che sa di ricerca e sperimentazione e, più di ogni altra cosa, sa di cultura e bellezza.

Maria Grazia Berretta

Siciliana di nascita, romana di adozione, laureata in lingue straniere, ha vissuto a Lisbona dal 2014 al 2016. Simpatica e solare, trova nella scrittura e in tutto ciò che è arte e cultura il porto sicuro, un luogo senza tempo e senza spazio dove essere liberi.

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