Ognuno di noi ha un aspetto di perversione; questa sembra volerci dire “L’Intruso” spettacolo scritto ed interpretato da Davide Tassi con la regia di Francesca Rizzi per il Doit Festival al Teatro Planet di Roma
Un personaggio strano ed ambiguo, complesso, indecifrabile, ma così assolutamente moderno. Questo è “L’Intruso” di e con Davide Tassi e la regia di Francesca Rizzi, portato in scena durante il Doit Festival al Teatro Planet il 31 marzo ed il 1° aprile con dibattito condotto da Enrico Ferdinandi de La Platea.
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© Emanuela Bauco |
Una scenografia semplice, con una luce ed una sedia, e un personaggio particolare. Tutta la vita l’ha passata studiando gli altri, con manie voyeuristiche. Egli rappresenta quel lato oscuro che è dentro ognuno di noi, cioè quel desiderio che tante volte abbiamo di sentirci superiori a chiunque altro.
Tutti noi tante volte studiamo e scrutiamo gli altri solo per scovarne i difetti, per poter essere accettati da questo mondo che spesso ci considera come nullità, anime sospese nel vuoto. Il personaggio interpretato da Davide Tassi si vede come una sorta di eroe maledetto, un personaggio solo che tenta di combattere per un’impresa folle. Egli si sente umiliato dappertutto: a casa, a lavoro, nei rapporti umani, come capita spesso a ciascuno di noi, quando diamo la colpa agli altri mentre in realtà non capiamo che il mostro ce l’abbiamo dentro. Egli è pronto a colpirci in qualunque occasione se non siamo consci della sua pericolosità. I nostri mostri sono le nostre paure, il nostro ego smisurato, la nostra incapacità di sentirci parte di un gruppo, di una società; in poche parole di comprendere gli altri, ma perché non siamo capaci di capire per primi noi stessi.
Ma se non siamo capaci di fare ciò la nostra rabbia esploderà ed il danno sarà incalcolabile, come i quadri che si rompono cadendo. Infatti essi, per usare una citazione del grande Baricco, “stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi“.
Ed ecco infatti che il nostro personaggio riesce a farsi invitare a cena dall’odiato e ricco vicino, ma la sua rabbia esploderà di nuovo, in maniera assolutamente tragica, anche se con un finale che sembra aperto.
Testimone di tutto ciò è una sedia, che quasi diventa complice del protagonista in tutte le sue vicende.
Si tratta di uno spettacolo che fa riflettere sulle nostre vite moderne, tese sempre di più verso una società che punta più sull’io che sul noi. Spesso, chiusi nella nostra mediocrità, pensiamo che il mondo ci consideri come il suggeritore nascosto dietro le quinte mentre gli altri sono gli attori che prendono gli applausi. Davide ci vuole dire che non è così. Siamo tutti uguali, ma solo se riusciamo a capitare che siamo, volente o nolente, sempre parte di un gruppo.
È uno spettacolo che fa riflettere sulle nostre vite, tanto da arrivare a pensare di non voler stare mai seduto su quella sedia, non voler mai arrivare a tanto, ma che cosa intenda con “tanto”, cari amici lettori, lasciate che sia un segreto, un mio solo segreto!!
Marco Rossi
@marco_rossi88