Dopo quasi vent’anni è di nuovo in scena uno spettacolo molto amato e avvolgente, In Spite of Wishing and Wanting, dove danza, teatro e cinema esplodono con grande vitalità al Teatro Argentina.
Wim Vandekeybus, fiammingo, è uno dei coreografi più influenti della sfera internazionale con Ultima Vez la sua compagnia fondata nel 1986, lavora su pezzi diversi e crea sempre nuove coreografie, talvolta tuttavia ama, come in questo caso, riprodurre dei lavori già fatti.
Dal punto di vista scenografico è uno spettacolo leggero, molto facile da portare in tournée, così Wim ha potuto investire maggiormente sul lavoro dei danzatori. Partendo da un racconto dell’argentino Julio Cortàzar, qui è stata spinta ancora di più la caratteristica surrealista dalle atmosfere quasi felliniane. La prima messa in scena è del 1999, il debutto è avvenuto a Ferrara, per omaggiare la lingua italiana che si sposa perfettamente con questo spettacolo nel quale il coreografo insiste sulla fisicità prorompente dei danzatori. Sono tutti maschi, si percepisce l’affinità di gruppo, la danza domina, il desiderio viene espresso in maniera insolita, brutale e selvaggio. Un uomo dorme sdraiato per terra, quando improvvisamente il cuscino sul quale è appoggiato… esplode! Piume ovunque faranno d’ora in poi parte della scenografia svolazzando con il vento della danza. L’uomo (il ballerino Knut VikstrÖm Precht) da tranquillo e “umano” diventa “selvaggio” in balìa degli istinti. Si spoglia ha i capelli lunghi e barba lunga, corre urlando nudo sul palco, si nasconde dentro uno strappo del pavimento, mangia patate crude con la buccia. L’impatto è molto forte, le musiche di David Byrne accompagnano i danzatori sulla scena dove sembra non ci siano regole, ballano e volteggiano creando empatia con il pubblico e condivisione, stimolando l’immaginazione.
“L’idea di crare un gruppo interamente maschile mi è venuta mentre lavoravo su un testo di Pasolini” ci spiega Vandekeybus “lì ho messo a fuoco queste dinamiche prettamente maschili e come si esprime il desiderio, non nella sua connotazione superficiale, ma bensì in una più profonda, cosa vogliono veramente gli uomini? È molto difficile parlare del desiderio, nello spettacolo i danzatori dormono in piedi e sognano il mondo inconscio che è custodito in esso. Una delle facce del desiderio è la paura perché scatena istinti molto forti. Ho voluto svilupparla nella fisicità dei ballerini che sono molto forti ma anche molto spaventati”.
Lo scopo del coreografo e regista è pienamente riuscito, “confondere lo spettatore affinché esca dai miei spettacoli con più domande che risposte” è stato raggiunto, bravo Wim e bravi i danzatori.
Sara Cacciarini