La Storia a Processo si conclude, come si suol dire, con il botto. A finire alla sbarra, nell’ultimo dei quattro appuntamenti, è nientemeno che Maximilien de Robespierre.
Dopo Marx, Augusto ed Evita Peron, ad essere processato è quell’avvocato di Arras che dalla provincia arrivò a Parigi, divenendo il protagonista assoluto della Rivoluzione francese.
Maximilien de Robespeirre, è stato scelto dall’autrice e curatrice Elisa Greco «perché ancora oggi il giudizio sulla sua azione politica e sulla sua visione è fortemente contrastante.»
È innegabile, infatti, come per molti quel piccolo avvocato del nord della Francia, (era alto solo un metro e mezzo) abbia incarnato il male assoluto, mentre per altri sia ancora oggi l’emblema della lotta alla tirannide, il padre putativo della moderna nostra democrazia.
A fare da cornice all’ultimo dei quatto processi dell’edizione 2018/19 del bel format di Elisa Greco, è una scenografia assolutamente suggestiva, in parte lascito dello spettacolo I Giganti della montagna in scena fino allo scorso 31 marzo.
Il palco dell’Eliseo per l’occasione si veste di “rivoluzione “.
Impossibile non notare, nei minuti che precedono l’inizio del “processo” una spaventosa ghigliottina e un cartello riportante il motto della rivoluzione francese: libertè, egalitè, fraternitè.
Simboli fra loro diversissimi, eppure strettamente legati alla Rivoluzione francese, espressioni, se vogliamo, della poliedrica personalità di Robespierre.
Come sempre per un importante processo, una corte degna di nota.
A partire dal Presidente, il magistrato Simonetta Matone, sostituto procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma.
A lei il compito di leggere i capi di imputazione e ripercorrere i tratti salienti della vita di Maximilien de Robespierre.
Una biografia che contiene tutto ciò che la Rivoluzione è di fatto stata.
Virtù ed eccessi; diritti e terrore; morte e libertà; meraviglia e umanissima miseria.
Bravissima la Matone a gestire un dibattimento che fin dalle prime battute appare decisamente spumeggiante.
Merito di un battagliero Pubblico Ministero, il giudice del Tribunale di Roma, Fabrizio Gandini e di un altrettanto bellicoso Avvocato Difensore, il professore Antonio Catricalà, già Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri nel governo presieduto da Mario Monti, nonché Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Da applausi l’incipit di Gandini, che esordisce ricordando un celebre passo dell’Enrico VI con un esplicito riferimento al ruolo degli avvocati: «per prima cosa ammazzeremo tutti gli avvocati» suscitando così più di una risata in platea.
Non solo dotte citazioni ma anche date, fatti, numeri e le incredibili contraddizioni dell’uomo e del politico Robespierre.
Da una parte colui che abolì la pena di morte e promosse la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino; dall’altra l’uomo che mandò alla ghigliottina migliaia di francesi, spesso sulla base di un semplice, atroce sospetto.
A interpretare, quello che passò alla storia come l’Incorruttibile, Olivier Tosseri, corrispondente per l’Italia di Canal+ e LesEchos.
Il giornalista, che indossa eleganti calzini di un rosso acceso, risponde a tono alle accuse mossegli, ricordando come molto spesso certe sanguinarie decisioni non ebbero il suo fondamentale avallo.
Non meno pugnace la difesa di Catricalà che rammenta più volte, nel corso del dibattimento, come non siano a processo le azioni del suo assistito, bensì le sue idee e su quelle il giudizio positivo della storia è stato già largamente emesso.
Intense anche le deposizioni dei due testi.
Per la difesa, la sorella di Robespierre, interpretata da Serena Bortone, giornalista e conduttrice della trasmissione di Rai3 Agorà, che più che un teste, per la verve con cui difende il famoso fratello, appare una sorta di secondo avvocato.
Dall’altra parte, per l’accusa, la scrittrice e storica Alessandra Necci, che sottolinea le atrocità commesse da Robespierre in nome di una supposta difesa dello Stato.
Come nella tradizione del format di Elisa Greco non mancano i momenti in cui il numeroso pubblico, fra cui anche in questa occasione moltissimi studenti delle scuole superiori, ride alle divertenti battute dei protagonisti.
Irresistibili i duetti fra la Presidente Matone e l’avvocato Catricalà, che strappano applausi e sonore risate.
Il dibattimento scivola via veloce e arriva fatidico il momento del verdetto.
Difficile questa volta anticipare il responso popolare.
Gli spettatori presenti sembrano decisamente divisi e all’occhio del cronista non sfuggono i tanti biglietti blu, indicanti l’assoluzione, così come quelli rossi, sinonimo di colpevolezza, inseriti nelle diverse urne a disposizione.
Quando la Corte rientra, preceduta dalla brava Elisa Greco, il fiato è decisamente sospeso.
Robespierre sarà assolto oppure inevitabilmente condannato?
La suspense dura poco.
Il verdetto letto da Elisa Greco è implacabile.
Maximilien de Robespierre, l’Incorruttibile, l’avvocato del popolo per alcuni, ma anche l’incarnazione del terrore, per altri, è assolto.
I consensi favorevoli al politico francese sono 219, contro 199 voti contrari.
Per il pubblico dell’Eliseo, le idee di libertà, uguaglianza e fraternità, hanno alla fine prevalso sulla ghigliottina, sul terrore, sulla morte.
Onestamente, ci sentiamo di condividere questo verdetto popolare.
In fin dei conti, come ha ricordato Antonio Catricalà in coda alla sua arringa, senza Maximilien de Robespierre non sarebbe mai sorta in Europa la democrazia.
Testo: Maurizio Carvigno
Foto: Federica Di Benedetto