Quanto le relazioni familiari possono nascondere qualcosa di agghiacciante e di terrificante ai nostri occhi? Fino a quando le persone possono portare dentro di loro stessi verità scottanti e terribili? Ce lo dice Sorella con fratello.
Le famiglie spesso sono luoghi da incubo. Situazioni torbide, che riempiono le pagine dei giornali e rendono fosca l’anima, sono sempre presenti. Sorella con fratello, ultimo capitolo della “trilogia della famiglia” di Alberto Bassetti comprendente Le due sorelle e I due fratelli, in scena dal 06 al 18 febbraio 2018 al Teatro Argot Studio, parla proprio di questo.
Leo e Lea sono due fratelli. Lui è un avvocato e lei sta uscendo da un istituto di correzione. I due sono estremamente legati. I loro sentimenti si fondono in un’unione imprescindibile, soffocante. Lea, ragazza ribelle, cantante nei locali notturni, adusa alla droga, apparentemente più forte ma molto fragil è il punto di forza di Leo, più quadrato in superficie ma estremamente solo. Leo non può fare a meno della sorella. Attraverso un dramma fitto di parole e sentimenti oscuri, approfittando di un momento in cui la sorella era ubriaca e drogata, Leo ha abusato di lei e ha ucciso la madre, involontaria testimone del fatto. Preso dalla paura, mette l’arma del delitto in mano a Lea e lei viene accusata e rinchiusa nell’istituto.
Famiglie deliranti
Sorella con fratello si concentra sul momento dell’uscita dall’istituto. Le nostre due anime si rincontrano, ma non si conoscono più. Le letizia dei loro rapporti da bambini ha lasciato spazio a una prigione dell’anima. Leo, quasi per senso di colpa, andava a visitare tutti i giorni la sorella, ma non capiva il male che le aveva fatto. La sapiente regia di Alessandro Machìa e i bravissimi Alessandro Averone e Alessandra Fallucchi mettono in luce la solitudine dell’uomo, quel senso di soffocamento che è insito nelle famiglie. Aiutati da una sobria ma inquietante scenografia di Maria Alessandra Giuri (due sedie, una pianola e un crocifisso) e dai costumi di Sara Bianchi, il pubblico si sente immerso nell’ambiente spettrale, delirante e delle volte bigotto delle famiglie. Lo stesso titolo, Sorella con fratello, indica un possesso. L’uomo, inteso come essere umano, è tendente al possesso della persona.
Spesso dietro un’aura di perbenismo si trova l’inferno. Un inferno fatto di gesti non attuati, di parole non dette e libertà negate per paura di offendere il prossimo.
Ma alla fine ci vuole sempre il riscatto (come fa Lea quando scopre la verità), perché Sorella con fratello c’insegna che senza volontà e verità non c’è libertà.
Marco Rossi