Nel programma del Romaeuropa Festival 2017 Ascanio Celestini presenta in prima nazionale “Pueblo”, in scena fino al 29 ottobre al Teatro Vittoria.
Accompagnato dalla voce fuori campo di Ettore Celestini e dal suono suggestivo della fisarmonica di Gianluca Casadei, Ascanio Celestini presenta la seconda tappa di una trilogia, iniziata con “Laika”, sempre al Romaeuropa Festival.
Se nella prima tappa si racconta il mondo, qui, in “Pueblo”, il mondo è tutto nella testa.
I luoghi sono gli stessi di “Laika”: un supermercato; un grande magazzino dove lavorano facchini africani; un condominio dove vive il personaggio di Celestini che racconta la storia. In “Laika” racconta ciò che vede. In “Pueblo” guarda e immagina la storia dei personaggi.
Quando inizia lo spettacolo, il sipario è già alzato. Celestini e Casadei sono dietro delle tende bianche e leggere. Si sente il rumore della pioggia e Celestini si cala nel suo ruolo di affabulatore. La protagonista all’inizio dovrebbe essere la trentenne Violetta. Ascoltiamo, infatti, “la storia di un giorno di pioggia. La storia di una giovane donna che è sempre meno giovane e di una vecchia che diventa sempre più vecchia”.
Gianluca Casadei è Pietro, il coinquilino a cui Celestini racconta la storia di Violetta. E’ la giovane donna, cassiera del supermercato, dal destino comune a tante altre donne. L’altra è sua madre, che ha smesso di parlare da vent’anni.
Violetta si porta dietro – anzi in tasca – un fantasma, quello del padre scomparso. Ma se ne vedono altri, di fantasmi, in questo racconto ironicamente malinconico, perché tutti i personaggi si portano dietro un passato doloroso e impegnativo.
Ascanio Celestini si conferma un narratore capace di costruire personaggi pasoliniani, nella cui interiorità il pubblico si affaccia con sorprendente empatia.
Presto ci si accorge che Violetta apre e chiude il racconto, ma il vero perno della storia è Domenica. Ne scopriamo il percorso che l’ha portata a diventare una senzatetto, in una Roma popolare. Con lei Celestini ci regala un personaggio femminile che, a distanza di giorni, ancora non riusciamo a dimenticare. E’ una donna che è stata cresciuta con poco amore e in tanto squallore umano. Eppure sembra avere il cuore aperto alle sofferenze altrui. Lei crede all’amore sincero del facchino Sahid. Lei vuole entrare nel suo mondo, anche nel magazzino del supermercato dove lavora. E lì dentro solo lei riesce a vedere i suoi fantasmi: centinaia di uomini, donne, vecchi e bambini morti in mare.
“Pueblo” non annoia nemmeno per un minuto. Celestini affascina anche stavolta con una narrazione struggente, che dispensa sorrisi e lacrime in dosi più o meno uguali.
Il popolo di Ascanio Celestini è paradigma di un’umanità composta dagli ultimi. L’autore e attore si muove anche stavolta nella Roma popolare, periferica. E’ bravissimo, come sempre, a dare dignità ai sentimenti più intimi di queste persone quasi o del tutto ai margini.
Celestini pensa che il teatro debba interessarsi alla condizione umana e “Pueblo” è la prova dell’efficacia del suo impegno in tal senso. Si esce dal teatro sentendosi vicini alle donne e agli uomini le cui miserie ci sono state narrate. E non si vede l’ora di assistere alla terza parte di questa trilogia.
Stefania Fiducia