Ogni anno gli spettatori si lamentano della scelta che fanno i teatri nel cartellone degli spettacoli.
Attori datati, spettacoli incomprensibili, idee strampalate senza né capo né coda: tutto molto lontano dall’idea che il pubblico spesso vuole.
Perché, allora, non far scegliere direttamente prima al pubblico stesso cosa vorrebbe vedere? L’idea sarebbe interessante: rimane scoperto il come. Il Teatro Studio Uno ha trovato il metodo, con Pillole: una serie di serate dedicate a spezzoni o brevi sunti di spettacoli, che artisti e compagnie presentano al pubblico; quuesto poi vota quale/i vedere per intero il prossimo anno.
A cominciare è stato Andrea Bianchi, per conto della Laboratori Permanenti, con il testo di Alessandro Stella Una stanza da rifare. In un luogo chiuso, un ambiguo personaggio si aggira irrequieto. Fumando, parlando da solo, postando cose su social network, aspetta notizie da un uomo sposato che vorrebbe come amante. Un monologo claustrofobico, che ricorda un po’ alla lontana (per lo meno ciò che si è visto) un accenno di Psyco di Hitchcock.
A seguire il gruppo Urc con Nerabile. Tre personalità che condividono uno spazio e ognuno affronta la realtà a modo suo. C’è chi si chiude nell’ipocondria, chi cerca di estranearsi, chi si aliena completamente. Tre attori (Maria Luisa Usai, Roberto Repele e Maria Elena Curzi) il cui intento era sicuramente molto intelligente, di talento e originale; ma hanno scelto una strada troppo “accademica” per convincere il pubblico.
La terza delle Pillole è stata Parto di e con Eva Gaudenzi. La gravidanza affrontata con un tocco ironia, lontana dal cabaret, passando per la fecondazione assistita fallita fino al bambino inaspettato. Le doglie, gli allenamenti pre-parto: tutto con un forte spirito.
E’ stata quella che si è aggiudicata per prima il cartellone del prossimo anno.
La motivazione è stata nel finale, secondo me. L’attrice si prodiga in una serie di scene formative e di quotidiana magia con questo piccolo protagonosta che il pubblico non vede. Scene che ci fanno credere che, nello spettacolo, ci sarà anche un bel messaggio forte, forse di più di quello che già ha dato.
La quarta della serata è stata ME del Franca Battaglia Teatro, con protagonista Ilaria Migliaccio. Senza leggere le note d’autrice, vediamo una figura che rifiuta di lasciarsi andare e vuole vivere. Una figura che non vuole essere definita con un sesso, poiché si può essere femminili anche fumando la pipa… Una figura che sapeva tutto, ma l’ha dimenticato e, attraverso uno specchio, cerca di ricostruirsi.
Quinta delle Pillole, nonché ultima della serata, è stato Allenarsi a levarsi, di e con Giuseppe Mortelliti. Un allenatore di vita parla ad un allievo e gli spiega la via della leggerezza. Un monolgo troppo introspettivo per un pubblico estivo. Da sottolinearne lo stile: tutto in rima.
Il dramma di questi piccoli “momenti” teatrali è purtroppo che questi ottengono il contrario di ciò che combattono: l’apparenza della prima sensazione. Scegliere una parte di uno spettacolo non è facile; figurarsi poterlo far capire in soli 12 minuti ad un pubblico che passa il tempo a sventolarsi. Come, però, diceva una nota canzone “Lo spettacolo deve continuare“.
In fondo, è solo l’inizio.
Francesco Fario