“Muratori”, spettacolo cult di Edoardo Erba con Nicola Pistoia e Paolo Triestino, parla della vita, dell’amore e dell’arte.
Nessuno forse poteva immaginare che Muratori, spettacolo di Edoardo Erba, dal 2002 avrebbe fatto così tanta strada. Sedici anni di repliche, ora è in scena per l’ultima volta dal 03 al 13 maggio al Teatro Ghione di Roma. Gli ingredienti ci sono tutti per preparare una buona ricetta: un testo fresco, ben scritto con attori e regia di Massimo Venturiello di grande livello. Il mix è esplosivo. CulturaMente, la sera della prima, era in sala.
Fiore (Paolo Triestino) e Germano (Nicola Pistoia) sono due muratori che stanno lavorando in gran segreto in un teatro ormai in disuso. Stanno costruendo un muro per dividere il vecchio palcoscenico per creare un deposito più grande per il vicino grande magazzino. Lavorano di notte e di fretta (le belle arti non lo sanno). La genialità del testo di Edoardo Erba è in parte data dal continuo interagire con il pubblico. Fiore e Germano, soprattutto quest’ultimo, entrano ed escono dal palco con carriole piene di mattoni. Due muratori comuni che parlano della propria vita. Hanno un sogno: quello di mettersi in proprio. Per fare ciò e per comprare un camion hanno bisogno di soldi. Il testo di Edoardo Erba, incentrato sul tema della vita moderna, è ironico e dissacrante. Il muro che Fiore e Germano stanno costruendo è anche un muro allegorico e metaforico. Lo stesso muro che rende così distanti le persone. Sulla scena irrompe Giulia (Lydia Giordano). Giulia è un essere misterioso, che non si sa se esista o meno. Un fantasma, un’anima di donna, un’attrice che sconvolge la vita di Germano e porterà il tutto verso il finale imprevedibile.
Andare oltre
Muratori è un inno alla vita. Essa stessa, sembra volerci dire il testo, è un muro che sale e scende, che viene costruito e distrutto. Il muri isolano le persone ma, in questo caso, costringono Fiore e Germano a stare insieme, a sottoporsi al confronto. Il muro è un escamotage per far venir fuori la diversità delle persone, soprattutto con l’avvento di Giulia.
In questo spettacolo si ride di gusto con le loro battute tipicamente romane ma si riflette pure. Lo spettacolo in scena al Teatro Ghione sembra volerci dire che la vita non è un fermarsi ma un continuo andare oltre il muro, oltre i nostri limiti, non mettere mai la parola fine sulle nostre conoscenze. Il muro divisorio tra le persone, se ci si vuole veramente bene, deve essere annientato. Il muro da loro costruito non serve a niente, deve essere buttato giù.
Non resta altro quindi che andare al Teatro Ghione e goderselo e goderci la vita, un abbraccio, conoscere veramente e nel profondo chi abbiamo davanti e non fermarci all’apparenza esterna, oppure, per meglio dirlo, al “muro” esterno.
Marco Rossi
(Foto di Gabriele Gelsi)