Il Teatro Parioli di Roma alza il sipario e inaugura questo nuovo inizio con uno spettacolo d’eccezione: Mistero Buffo di Dario Fo e Franca Rame. Giullare moderno in scena è Matthias Martelli, che intrattiene il pubblico con un one man show di cui abbiamo davvero tutti bisogno.
Un classico sempre attuale
C’è tempo fino al 9 gennaio 2022, quindi, per tornare a ridere di gusto, per guardare questi due anni di schiavitù culturale e provare a scrollarsi di dosso la tristezza e la solitudine. Nostro Cicerone un giullare talentuoso, che riesce a variare registro in pochi secondi interpretando tutti i personaggi, nella fattispecie quelli di tre giullarate specifiche dedicate ai miracoli di Gesù.
La resurrezione di Lazzaro, Il miracolo delle nozze di Cana e Il Primo miracolo di Gesù bambino: tre storie canoniche, sapientemente precedute anche dai quadri più celebri che le rappresentano, diventano le storie del popolo. Non basta un elegante angelo per mettere a tacere un ubriacone che vuole raccontare la sua sbronza col vino di Gesù, né basta la bontà della Madonna per mettere in riga il piccolo figlio di Dio e i suoi superpoteri. L’irriverenza e l’ironia la fanno da padrone: non ci sono santi. Al massimo qualche apostolo.
La scena è un caleidoscopio di maschere che ondeggia tra sacro e profano attingendo a sorgenti antiche e moderne. Non mancano sagaci riferimenti alla politica contemporanea, di certo non fini a se stessi: molte storie le abbiamo sentite e risentite, non ci resta che riderci su mentre riflettiamo sul fatto che negli ultimi quarant’anni sono cambiate pochissime cose.
Sentita e risentita, naturalmente, è anche la storia di Gesù, ma la rilettura che ne fa Mistero Buffo e l’interpretazione di Martelli sono sicuramente due ottimi motivi per celebrare un classico che ha ancora molto da dire sull’essere umano.
Una nota sulla lingua
Mistero Buffo è un’opera talmente complessa da avere una sua lingua, il grammelot: una delle difficoltà dello spettacolo – ma di certo non l’unica – è quella di dover recitare in una sorta di dialetto nordico molto stretto, non privo di neologismi e onomatopee. Considerate che l’attore è marchigiano, ma non lo sembra affatto durante lo spettacolo.
Se volessimo richiamare un antecedente letterario sicuramente potremmo rifarci al Pascoli e alla sua lingua miscellanea, tra l’onomatopea del pregrammaticale e il gergo del postgrammaticale. E se la poesia è fatta di figure retoriche meravigliose che avanzano suggestioni musicali – basti pensare alla ripetizione dell’anafora – anche il Mistero Buffo di Martelli è ritmico, e conduce alla risata anche attraverso la mimica e il movimento nei tempi giusti.
La completezza di questa performance è ancora più impressionante se si pensa che l’attore recita da solo, su un palco vuoto, privo di scenografia. Inevitabile e piacevole l’interazione con un pubblico che ha voglia di rispondere, di fare parte di questo abbraccio culturale. Un pubblico che non vuole privarsi di un ritrovato calore e che non ha smesso di credere nella forza dello spettacolo dal vivo.
Alessia Pizzi