Mai le parole mi sono sembrate così inutili, così inadatte a descrivere uno spettacolo.
E forse è questo l’effetto che fa parlare di Oriana Fallaci, forse è questa la frustrazione che prova il giornalista quando si trova a raccontare una figura così umanamente immensa.
E allora, traendo ispirazione proprio da colei che sceglieva le parole più semplici con cura certosina e concentrazione quasi monacale per trattare i problemi internazionali, cercherò di raccontare cosa è accaduto ieri sul palco dell’Auditorium, con semplicità. Perché trasmettere noia con questa recensione sarebbe l’affronto più grande nei confronti di chi la noia l’ha combattuta per tutta la vita con una coraggiosa disubbidienza.
Ieri sera Oriana Fallaci, dopo dieci anni, è tornata in vita con “Le parole di Oriana – omaggio a Fallaci in concerto”. Io ho tirato un sospiro di sollievo, come dopo un’apnea al mare, perché quando lei viveva ero troppo piccola per poterla capire. Sì, leggevo i suoi libri, ma adesso la fame di ascoltarla, di vederla comparire per distruggere tutti gli opinionisti pietosi che popolano il piccolo schermo, di leggere un suo articolo sul Corriere della Sera la domenica, quando bevo il cappuccino alla ricerca di chissà quale illuminazione, fondamentalmente mi distrugge, perché non può essere appagata.
E’ come quando perdiamo una persona cara. Ci mancano quei piccoli dettagli che popolavano la nostra esistenza, così a me manca Oriana Fallaci. Penserete, ma perché è davvero mai morta? I suoi libri sono ovunque, oggi più che mai per la “questione terrorismo” e per la rabbia e l’orgoglio con cui ne parlò un non così lontano 11 Settembre. In libreria gli affamati come me acquistano raccolte, lettere, testi postumi, qualunque cosa per placare la voglia di leggere qualcosa di suo, ancora una volta.
Etichettare quello che è avvenuto ieri all’Auditorium è impossibile quindi, sarebbe inadeguato. Maria Rosaria Omaggio non interpreta le parole di Oriana, è Oriana: per una sera ci fa il miracolo, ci alleggerisce il cuore dal dolore di questa assenza – supportata dal physique du rôle, smalto rosso, capelli morbidi e lisci, voce roca e sigaretta alle labbra – ponendo di fronte agli occhi degli spettatori uno specchio. Ecco cosa abbiamo fatto ieri sera, ci siamo specchiati nella storia. Nella storia di una donna, nella storia del mondo, nella nostra storia.
Non ho idea di quanto sia durato lo spettacolo, forse per la prima volta dopo anni che vado a teatro. Ascoltando gli estratti dei libri della Fallaci, ripercorrendo parole note che la memoria avidamente conserva, il mio cuore ha gioito nel sentir proferire a voce alta quelle espressioni, accompagnate dalla dolce gorgia toscana. La libertà è un dovere prima che un diritto. Vi sembra una frase banale riportata su una pagina web qualunque. Provate a chiedervi quando, durante la giornata, siete davvero liberi. Domandatevi se non siete schiavi dell’abitudine, osate non sentirvi banali, annoiati, comuni, mediocri.
Oriana è stata una pioniera, e non solo per le donne, sia chiaro. Alle donne ha offerto un modello, volente o nolente, da amare e da odiare, un riflesso con cui confrontarsi, un fantasma che perseguita, rompiballe anche nella morte. Agli uomini ha mostrato un nuovo modo di essere liberamente donna. Alla società ha proposto un piccolo smacco, che ha radici ataviche e si estrinseca nelle espressioni epigrafiche attribuite alle donne antiche: mogli di, sorelle di, amanti di qualche uomo più famoso. “La nipote di Bruno“, ha invertito le correnti: ora è lui che viene chiamato “Lo zio di Oriana“. Questa è solo una piccolissima riflessione che spero resti impressa nel lettore, più di un panegirico con tutte le imprese della giornalista fiorentina, comodamente elencate su Wikipedia.
Forse solo oggi si inizia ad assaggiare il frutto più maturo della Primavera che Oriana Fallaci ha fatto sbocciare nella pancia del Pianeta: le superbe dita di Cristiana Pegoraro ci cullano in questo sogno meraviglioso dove Oriana vive ancora, e ci fa sorridere, emozionare, interrogare, e come sempre ci fa venire voglia di cambiare, di dubitare.
Due donne, sul palco, si fondono e danno vita alla magia: Oriana è tra noi e ci lascia, forse, la sua ultima profezia. Quella Hillary Clinton, con molta probabilità, un giorno sarà presidente…
Vedremo, Oriana, vedremo.
Per ora la dimensione onirica si riassorbe, torna la quotidianità, ma con un sapore nuovo che sa di speranza. Perché un essere umano imperfetto di un metro e sessanta circa – né mitologico né santo – ha calpestato questa Terra ieri e continua a farlo oggi con la tsunamica forza della sua mente, impressa su carta, ma ancora di più nei nostri petti. Tutt’altro che “fallace”.
Una sola, semplice parola per la serata di ieri: GRAZIE.
Alessia Pizzi